I Luoghi del Cuore
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PONTE DELLA LAVANDAIA E VECCHIO MULINO

PONTE DELLA LAVANDAIA E VECCHIO MULINO

MONTELLA, AVELLINO

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PONTE DELLA LAVANDAIA E VECCHIO MULINO
La Storia E’ impensabile per una comunità sopravvivere senza un Mulino. A Montella nel XVI secolo ve ne erano 3, uno “de Baruso”, uno “del Bagno”, uno a Cassano Irpino (parte del Feudo di Montella insieme a Bagnoli irpino, Cassano e Volturara). La situazione di questi mulini, però, non era delle migliori. Si trovavano lontano dal centro e uno era quasi inutilizzabile. Il periodo era proficuo e quasi dovunque si costruivano strutture del genere. Montella non rimase indietro, fu fatta richiesta al feudatario conte Garcia II Cavaniglia, da parte del sindaco Marino de Marco e dagli eletti dell'Università, di costruzione a proprie spese di un nuovo mulino sul fiume Calore. Con un atto, il 5 Agosto 1564, si ebbe la concessione edilizia e si decise che il nuovo mulino rimanesse corpo feudale, cioè bene demaniale di proprietà del feudatario. L'Università, che all’epoca si reggeva su gabelle e tributi, e versava in pessime condizioni economiche, si accollò comunque tutte le spese, e accontentò casa Cavaniglia in tutte le pretese e le richieste sia legali che finanziarie. Il sito prescelto non fu casuale. In quel luogo il fiume Calore arrivava con una portata ottimale per ottenere l’energia necessaria a mettere in moto le due macine previste. A differenza della quasi totalità dei mulini dell’epoca, quello di Montella aveva due macine per poter ottenere una quantità maggiore di farine. Il Mulino di Montella sul ponte della lavandaia entrò in funzione nell’ottobre del 1565 ed era in grado di macinare 130 tomoli di vettovaglie, ossia, 7.200 Kg di grano. Il mulino di Montella lavorò per quattro secoli, fino al secondo dopoguerra. La sua vita non fu semplice, anzi, cosparsa di alti e bassi. A fine 800 la “tassa sul macinato” causò l’impoverimento di diverse popolazioni. Nel nostro mulino fu installato un contatore che tariffava 1 lira per ogni quintale di granoturco macinato, 2 per ogni quintale di grano e mezza lira per ogni quintale di castagne. Il più delle volte la tassa veniva pagata dalla povera gente cedendo una parte del molito. Si impenna la produzione durante il fascismo in conseguenza della “battaglia del grano”. I bombardamenti anglo-americani distrussero i canali di adduzione dell’acqua e quasi totalmente la struttura. L’abbandono e l’indifferenza ci hanno consegnato i brandelli di muri di pietra che oggi vediamo.

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La Storia E’ impensabile per una comunità sopravvivere senza un Mulino. A Montella nel XVI secolo ve ne erano 3, uno “de Baruso”, uno “del Bagno”, uno a Cassano Irpino (parte del Feudo di Montella insieme a Bagnoli irpino, Cassano e Volturara). La situazione di questi mulini, però, non era delle migliori. Si trovavano lontano dal centro e uno era quasi inutilizzabile. Il periodo era proficuo e quasi dovunque si costruivano strutture del genere. Montella non rimase indietro, fu fatta richiesta al feudatario conte Garcia II Cavaniglia, da parte del sindaco Marino de Marco e dagli eletti dell'Università, di costruzione a proprie spese di un nuovo mulino sul fiume Calore. Con un atto, il 5 Agosto 1564, si ebbe la concessione edilizia e si decise che il nuovo mulino rimanesse corpo feudale, cioè bene demaniale di proprietà del feudatario. L'Università, che all’epoca si reggeva su gabelle e tributi, e versava in pessime condizioni economiche, si accollò comunque tutte le spese, e accontentò casa Cavaniglia in tutte le pretese e le richieste sia legali che finanziarie. Il sito prescelto non fu casuale. In quel luogo il fiume Calore arrivava con una portata ottimale per ottenere l’energia necessaria a mettere in moto le due macine previste. A differenza della quasi totalità dei mulini dell’epoca, quello di Montella aveva due macine per poter ottenere una quantità maggiore di farine. Il Mulino di Montella sul ponte della lavandaia entrò in funzione nell’ottobre del 1565 ed era in grado di macinare 130 tomoli di vettovaglie, ossia, 7.200 Kg di grano. Il mulino di Montella lavorò per quattro secoli, fino al secondo dopoguerra. La sua vita non fu semplice, anzi, cosparsa di alti e bassi. A fine 800 la “tassa sul macinato” causò l’impoverimento di diverse popolazioni. Nel nostro mulino fu installato un contatore che tariffava 1 lira per ogni quintale di granoturco macinato, 2 per ogni quintale di grano e mezza lira per ogni quintale di castagne. Il più delle volte la tassa veniva pagata dalla povera gente cedendo una parte del molito. Si impenna la produzione durante il fascismo in conseguenza della “battaglia del grano”. I bombardamenti anglo-americani distrussero i canali di adduzione dell’acqua e quasi totalmente la struttura. L’abbandono e l’indifferenza ci hanno consegnato i brandelli di muri di pietra che oggi vediamo.
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