La Farmacia dell’Ospedale Fatebenefratelli Jesi
Lungo la principale via della città di Jesi, la rinascimentale “ strata magna..ampla..spatiosa..ex utroque latere in decus et hornamentum dicte civitatis..domibus pulcris et honorabilibus fulcita…” (sic) ( ASCJ, Rif.21.) che attualmente è intitolata a Giacomo Matteotti, dal 1757 sorge l’Ospedale voluto dal vescovo Fonseca e da lui affidato alla confraternita dei Fatebenefratelli.
L’edificio, straordinariamente moderno e funzionale per l’epoca in cui è stato progettato, comprende una meravigliosa farmacia, oggi chiusa così come il nosocomio che è stato trasferito in nuove strutture nel 2015.
I due locali di questa “Spezieria” si trovano al piano terreno a ridosso del fronte principale e compresi fra la Chiesa e l’antico ospedale degli Uomini.
Data la destinazione d’uso esclusivo per i pazienti ricoverati, le stanze erano in origine comunicanti solo con l’interno dell’Ospedale; nel secolo scorso, poi, è stato ricavato un portone d’accesso per il pubblico da una delle tre finestre che, protette da inferriate, si affacciavano sulla via cittadina.
La Farmacia ha mantenuto, immutati nel tempo, anche grazie all’uso e alla manutenzione ininterrotti che sono stati fatti, gli arredi settecenteschi. Già nelle descrizioni, riportate nei documenti dell’epoca, i due ambienti, definiti “prima e seconda spezieria” in base alla funzione, presentano scaffali a tutta parete: la stanza più riservata, destinata alla conservazione delle materie prime, detta delle scattole. è dotata di scansie in abete verniciato di verde, mentre la farmacia vera e propria è tappezzata da scaffalature di noce scurito su cui erano allineate le maioliche che conservavano i prodotti galenici.
L’arredo appare come un prezioso gioiello di ebanisteria, considerato anche il pregio dei meccanismi segreti di apertura delle paraste dietro cui si nascondevano i preparati più preziosi.
Il mobilio della stanza delle scattole, anche se più semplice, si intona con quello assai elegante della farmacia per lo stile classicheggiante delle forme e delle decorazioni.
I vasi di maiolica, già citati, erano stati commissionati ad una bottega di Urbania, l’antica Casteldurante; in un inventario del 1805 risultavano essere duecentonovantatre pezzi; ne restano, però, solamente duecentosei, conservati nella Pinacoteca di Palazzo Pianetti e perciò del tutto decontestualizzati.
E’ opportuno aggiungere che un terzo ambiente completava la Spezieria; questo era sotterraneo e serviva da laboratorio in cui i Fatebenefratelli preparavano i medicamenti utilizzando gli strumenti necessari come mortai, alambicchi, fornelli per distillare e torchi. Con l’evoluzione della scienza farmaceutica il locale perse la sua funzione primitiva e divenne una semplice cantina.
Da più parti è stato a buona ragione osservato che i necessari adattamenti al progresso non hanno per nulla compromesso la bellezza e il fascino di questa antica Spezieria che merita di essere conservata e ripristinata, così come l’edificio che la ospita, quale pura e tangibile testimonianza della saggezza, della cultura e dell’arte di quanti ci hanno preceduto.
A cura di Alessandro Fossi