Calata in un ameno scenario agricolo, la basilica si impone da lontano con la splendida facciata laterizia, frutto della ristrutturazione dell'edificio condotta nel terzo decennio del secolo XIV (Romanini 1964).
Nel paramento esterno i lacerti di tessitura romanica sono riconoscibili per i laterizi variamente dimensionati e di colore rosso saturo con finitura grezza, per la malta di giuntura quasi bianca e per gli inserti in opus spicatum: nella prima campata sud ciò si accompagna ad una monofora gradonata con modanatura torica e all'originario sottogronda a dente di sega e archetti su peducci, mentre nella quarta campata l'apertura è a oculo e degli archetti resta la sola impronta. Altri corsi in opus spicatum si conservano nello spiovente absidale sud e nello zoccolo della prima campata nord. Romanica è l'intera abside centrale, nonostante le perplessità indotte dalla tessitura molto più regolare e dai mattoni di maggior formato (come consueto per l'abside, quale elemento staticamente più sensibile e simbolicamente più pregiato), nonché dai ripristini e dalla sabbiatura. Alla base della semicalotta in ognuna delle tre specchiature si aprono quattro fornici; tuttavia non si tratta né delle basse nicchie ribadite da archetti pensili d'uso milanese (da S. Ambrogio in poi), né dei beccatelli di tipo cremonese, bensì di vere e proprie monofore a profilo doppio o triplo con modanatura torica. Presumibile è che l'attuale fregio gotico ad archetti intrecciati abbia sostituito un giro di archetti pensili a raccordo delle lesene. Da notare il frammento di epigrafe romana inserita fra secondo e terzo fornice da sinistra. Lo spazio interno conserva l'articolazione romanica, inadeguata per fondazioni e dimensionamento alle spinte laterali delle volte gotiche, responsabili dei critici fuori piombo dei pilastri e dei perimetrali, nonostante la contraffortatura incrementata a più riprese. Due file di quattro pilastri laterizi a sezione quadrilobata (come in S. Maria Gualtieri a Pavia e S. Marcello in Montalino a Stradella), impostati su possenti plinti lapidei quadrati, sostengono le arcate a pieno centro dei setti longitudinali e dei diaframmi trasversali, ora inglobati nelle volte ma già funzionali a scandire le quattro campate (come nel duomo di Cremona, a differenza del sistema alternato di Lomello) e a sostenere il soffitto ligneo (così Porter 1915-17 e Arslan 1954, ma resta da compiere un'indagine nel sottotetto). Eccetto l'imbotte absidale, l'edificio romanico sembra aver previsto un'unica volta, quella a crociera con rilevanti costoloni a sezione rettangolare (a differenza di quelli torici delle altre volte) dell'ultima campata sud, su cui grava la torre campanaria.
Ricco è il corredo lapideo dei capitelli, tutti romanici eccetto alcune sostituzioni gotiche, come i rilievi dei paratici dei ciabattini e dei bovari della prima e dell'ultima campata nord. Dai pilastri alle semicolonne, comprese quelle dei setti, a prevalere è la forma parallelepipeda schiacciata con angoli scavati e ornato fitomorfo e simbolico, inciso o a basso rilievo. Non mancano tuttavia inserti antropo e zoomorfi: due oranti nel primo pilastro lato sud; una serpe tra foglie d'acanto (sud) e leoni con il muso angolare in comune (nord), analoghi a quelli di S. Colombano a Vaprio d'Adda, sulla seconda coppia di pilastri; aquile su entrambi i lati ovest della terza coppia, a marcare il presumibile accesso al coro protetto da recinzione. I caratteri formali dei capitelli, delle aperture (monofora, oculo, fornici) e del fregio ad archetti sembrano escludere la datazione precoce proposta da Porter (1050 ca.); d'altro canto la tessitura laterizia irregolare, non graffiata e con corsi di taglio a spinapesce è difficilmente collocabile oltre l'inizio del secolo XII, mentre successive sono le lastre dell'Ultima Cena e di un vescovo e un santo murate in cattedrale, ma secondo tradizione provenienti da S. Bassiano.