CASTELLO DI ACQUEDOLCI

ACQUEDOLCI, MESSINA

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CASTELLO DI ACQUEDOLCI
Nel luogo dove si designò fondare il nuovo abitato di San Fratello vi era la presenza di un antico borgo o villaggio, chiamato Acquedolci, che si sviluppava intorno ad una Torre medievale, e ancora oggi chiamato localmente con il nome di Marina Vecchia. La spinta all’insediamento umano in questo territorio fu data dai Larcan de Soto, una delle principali famiglie catalane giunta in Sicilia nel 1391 al seguito di Re Martino I (1392-1409). Nel 1398 Augerot Larcan ricevette da Re Martino la baronia di San Fratello. A questi va attribuita la costruzione della torre nella marina di Acquedolci (inizio XV sec.). Nel 1405 si decide la costruzione di una Torre “in fogia flomarie que est in medio Sancti Fladelli et Caronie”. Il nipote Antonio Giacomo Larcan Barone di San Fratello ottenne, nel 1498, la licenza di riedificare e fortificare l’antica torre esistente; in seguito ebbe il permesso di costruire il baglio, potendovi applicare i merli a coronamento delle mura, e la licenza per aprire una nuova tonnara. Nel 1499 propose ed ottenne la licenza per attivare un nuovo caricatore nella marina del suo feudo che funse da volano per lo sviluppo del commercio ad Acquedolci. Nel 1555 il figlio Vincenzo Larcan decise di costruire un nuovo arbitrio o trappeto di cannamele reintroducendo, così, la coltivazione della canna da zucchero, nella marina di Acquedolci. Le condizioni necessarie per l’impianto di uno zuccherificio erano fondamentalmente due: acqua per l’irrigazione e legname per la cottura, condizioni che nel territorio di San Fratello erano garantite abbondantemente. Coeva alla costruzione del trappeto è quella del fondaco, costruito al di fuori del trappeto. Nel 1622 la baronia di queste terre passò a Giulia Larcan e alla sua morte alla casa Lucchesi dei Marchesi di Delia. Ferdinando Francesco Gravina e Cruyllas, Principe di Palagonia, Grande di Spagna di Prima Classe, Cavaliere dell’insigne Ordine del Toson d’Oro, divenuto Barone di San Fratello a seguito del matrimonio contratto nel 1698 con Anna Maria Lucchesi e Filangeri, eredita “in infinitum ed in perpetum la detta Terra, Stato e Baronia di San fratello, della Signoria e Trappeto dell’Acquedolci […]“. Al Principe di Palagonia si deve la decisione di abbandonare la coltivazione della canna da zucchero nel territorio di Acquedolci. Non essendo più in funzione il trappeto di zucchero, il complesso fu trasformato in una lussuosa dimora feudale potendo così accogliere comodamente il Barone e la propria famiglia durante le visite nel feudo di Acquedolci. Attualmente poco o nulla resta che ricordi lo sfarzo di un tempo. È possibile rintracciare una qualità architettonica nel prospetto settentrionale della palazzina e dentro la chiesetta un tempo dedicata al culto di San Giuseppe, dove i resti dell’altare manifestano motivi decorativi propri del periodo tardo barocco siciliano. Il prospetto principale è munito di torrioni cilindrici che amplificano il carattere di fortezza della residenza baronale, ponendosi al fianco della maestosa torre d’avvistamento di cui oggi restano solo pochi ruderi; nel 1966 la torre era pericolante a causa degli eventi bellici e della poca cura e invece di intervenire per risanarla e metterla in sicurezza si preferì demolirla con l'esplosivo! Anche delle numerose macchine ad acqua (mulini, trappeto e gualhiera) rimane purtroppo ben poco. La mancanza della copertura, ha fatto si che l’interno della palazzina sia andato completamente distrutto. Le proprietà della Famiglia Gravina a San Fratello furono comprate alla fine dell’Ottocento dal Barone Francesco Cupane. Oggi la proprietà dei ruderi dei fabbricati e di gran parte dell'area collegata al castello è del Comune di Acquedolci; la nuova amministrazione si sta attivando per risanare l'area, recuperarla e progettare e programmare interventi di messa in sicurezza e recupero di alcune sue parti.
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