I Luoghi del Cuore
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CHIESETTA BIZANTINA SANTO STEFANO DI DAGALA DEL RE

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SANTA VENERINA, CATANIA

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CHIESETTA BIZANTINA SANTO STEFANO DI DAGALA DEL RE
Il territorio tra Dagala del Re e Bongiardo , oggi appartenente al Comune di Santa Venerina, fu certamente popolato in età tardo-romana e bizantina. Una precisa testimonianza è costituita dai ruderi della Cella Trichora (a trifoglio) di Santo Stefano databili tra il V-VI e VIII secolo d.C. Numerosi studiosi se ne sono occupati sin dagli anni Trenta del secolo scorso (da Stefano Bottari a Biagio Pace, da Pietro Lojacono a Rosa Patané a Maria Tropea, fino a Giovanni Vecchio e Salvatore Giglio); essi hanno esaminato le caratteristiche strutturali e costruttive della basilichetta, individuando gli elementi che la accomunano ad altri edfici sacri coevi. La chiesetta a trifoglio, come testimonia cronachista medievale Nicolò Speciale nella Historia Sicula, fu miracolosamente salvata dalla colata lavica del 1284, che travolse leremo di SantAndrea, che si trovava più in alto, allincirca a quota 402 e lasciò intatto ledificio sacro che si trovava nella spianata a quota 383. Per il Settecento disponiamo della testimonianza del can. Giuseppe Recupero e per lOttocento di quella dellacese Lionardo Vigo. Un valido contributo per la lettura storiografica della cella trichora di Santo Stefano ci viene offerto dai Percorsi del Sacro del Val Démone, unarea temporale e spaziale di incontro e di sintesi di tradizioni e culture religiose diverse provenienti dal mondo mediterraneo. Non solo è possibile intravedere il peregrinatio vitae di questa parte di Sicilia, ma esistono tuttoggi ruderi di conventi, monasteri, chiese fortificate, cube, e la chiesetta bizantina di Santo Stefano ne è un tappa fondamentale. In questo territorio sinnesta una vera e propria economia del sacro, con luoghi deputati alla contemplatio e allora et labora (vedi nota a pagina 3). La Sicilia come luogo di crocevia tra i popoli e religioni: il complesso conventuale comprendente la basilichetta di Santo Stefano e leremo, si ritiene sia stato fondato da papa Gregorio I, detto Magno (540 ca-604 ca), la cui ricca famiglia patrizia disponeva in Sicilia di ampi possedimenti e in essi fece costruire diversi monasteri, tra i quali il monastero di SantAndrea quod est super Mascalas (epistola n. 59 del 593 indirizzata al vescovo di Taormina Secondino). Le regole per il monastero di SantAndrea al Clivo di Roma e per gli altri in Sicilia furono probabilmente redatte da lui insieme con il primo abate del cenobio sopra citato: si ispiravano sia a San Benedetto sia a San Basilio e certamente le rigorose prescrizioni sul digiuno oltrepassavano i doveri imposti dalla più blanda Regola benedettina e richiamavano le pratiche ascetiche degli egiziani. Tutta larea che da Dagala, passando per Miscarello arriva a Milo era denominata genericamente, almeno fino al Settecento, come è dimostrato dagli atti di compra-vendita, SantAndrea così come il monastero del Clivo di Scauro nel quale Gregorio si rifugiò per meditare dopo la morte del padre e la decisione della madre Silvia di ritirarsi a Celia Nova . Se leremo annesso alla cella trichora seguisse la regola basiliana o benedettina poco importa in quanto, come abbiamo chiarito, le due regole si integrarono. Quello che, invece, occorre ribadire è che i monaci sin dalla fondazione del monastero erano di rito italo-greco, pur restando fedeli al papa di Roma, e usavano la lingua greca, come accadeva in prevalenza in tutta la Sicilia orientale nel periodo bizantino. Il monachesimo divenne progressivamente latino dopo la riconquista nei secoli XI e XII ad opera dei Normanni i quali sconfissero gli Arabi e instaurarono un controllo diretto o tramite i vescovi-conti sul territorio siciliano. In Questo territorio il Val Démone offre maggiori indicazioni di stabilità e di continuità che hanno permesso al monachesimo greco prima e latino dopo, e fino alletà moderna, di svolgere una importante funzione di riferimento spirituale e socio economico. Lo schema iconografico a trifoglio della nostra chiesetta e le

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Il territorio tra Dagala del Re e Bongiardo , oggi appartenente al Comune di Santa Venerina, fu certamente popolato in età tardo-romana e bizantina. Una precisa testimonianza è costituita dai ruderi della Cella Trichora (a trifoglio) di Santo Stefano databili tra il V-VI e VIII secolo d.C. Numerosi studiosi se ne sono occupati sin dagli anni Trenta del secolo scorso (da Stefano Bottari a Biagio Pace, da Pietro Lojacono a Rosa Patané a Maria Tropea, fino a Giovanni Vecchio e Salvatore Giglio); essi hanno esaminato le caratteristiche strutturali e costruttive della basilichetta, individuando gli elementi che la accomunano ad altri edfici sacri coevi. La chiesetta a trifoglio, come testimonia cronachista medievale Nicolò Speciale nella Historia Sicula, fu miracolosamente salvata dalla colata lavica del 1284, che travolse leremo di SantAndrea, che si trovava più in alto, allincirca a quota 402 e lasciò intatto ledificio sacro che si trovava nella spianata a quota 383. Per il Settecento disponiamo della testimonianza del can. Giuseppe Recupero e per lOttocento di quella dellacese Lionardo Vigo. Un valido contributo per la lettura storiografica della cella trichora di Santo Stefano ci viene offerto dai Percorsi del Sacro del Val Démone, unarea temporale e spaziale di incontro e di sintesi di tradizioni e culture religiose diverse provenienti dal mondo mediterraneo. Non solo è possibile intravedere il peregrinatio vitae di questa parte di Sicilia, ma esistono tuttoggi ruderi di conventi, monasteri, chiese fortificate, cube, e la chiesetta bizantina di Santo Stefano ne è un tappa fondamentale. In questo territorio sinnesta una vera e propria economia del sacro, con luoghi deputati alla contemplatio e allora et labora (vedi nota a pagina 3). La Sicilia come luogo di crocevia tra i popoli e religioni: il complesso conventuale comprendente la basilichetta di Santo Stefano e leremo, si ritiene sia stato fondato da papa Gregorio I, detto Magno (540 ca-604 ca), la cui ricca famiglia patrizia disponeva in Sicilia di ampi possedimenti e in essi fece costruire diversi monasteri, tra i quali il monastero di SantAndrea quod est super Mascalas (epistola n. 59 del 593 indirizzata al vescovo di Taormina Secondino). Le regole per il monastero di SantAndrea al Clivo di Roma e per gli altri in Sicilia furono probabilmente redatte da lui insieme con il primo abate del cenobio sopra citato: si ispiravano sia a San Benedetto sia a San Basilio e certamente le rigorose prescrizioni sul digiuno oltrepassavano i doveri imposti dalla più blanda Regola benedettina e richiamavano le pratiche ascetiche degli egiziani. Tutta larea che da Dagala, passando per Miscarello arriva a Milo era denominata genericamente, almeno fino al Settecento, come è dimostrato dagli atti di compra-vendita, SantAndrea così come il monastero del Clivo di Scauro nel quale Gregorio si rifugiò per meditare dopo la morte del padre e la decisione della madre Silvia di ritirarsi a Celia Nova . Se leremo annesso alla cella trichora seguisse la regola basiliana o benedettina poco importa in quanto, come abbiamo chiarito, le due regole si integrarono. Quello che, invece, occorre ribadire è che i monaci sin dalla fondazione del monastero erano di rito italo-greco, pur restando fedeli al papa di Roma, e usavano la lingua greca, come accadeva in prevalenza in tutta la Sicilia orientale nel periodo bizantino. Il monachesimo divenne progressivamente latino dopo la riconquista nei secoli XI e XII ad opera dei Normanni i quali sconfissero gli Arabi e instaurarono un controllo diretto o tramite i vescovi-conti sul territorio siciliano. In Questo territorio il Val Démone offre maggiori indicazioni di stabilità e di continuità che hanno permesso al monachesimo greco prima e latino dopo, e fino alletà moderna, di svolgere una importante funzione di riferimento spirituale e socio economico. Lo schema iconografico a trifoglio della nostra chiesetta e le
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