I Luoghi del Cuore
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CONVENTO DEGLI ALCANTARINI

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PARABITA, LECCE

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CONVENTO DEGLI ALCANTARINI
Gli Alcantarini arrivarono a Parabita nel 1731, cinque anni dopo che l'Università, con le suppliche dei tutori del duchino Giuseppe Ferrari e del clero secolare, ne aveva fatto richiesta al Vicario Provinciale dell'Ordine. Essi erano membri di una congregazione religiosa francescana, sorta in Spagna nella prima metà del secolo XVI; erano chiamati anche "Frati Minorii della riforma di San Pietro dell'Alcantara", oppure "Congregazione della più stretta osservanza di Francescani scalzi". Dopo pochi anni completarono la chiesa ed il convento. Quest'ultimo rispecchia in tutto quelle che erano le regole dell'ordine, improntate alla più ferrea semplicità, umiltà e compostezza. Questi frati erano fin troppo osservanti dello spirito costruttivo della regola, tanto che, quando si insediavano in un luogo e trovavano conventi non confacenti alle loro esigenze, erano propensi addirttura ad abbatterli e ricostruirli. Il convento si mostra ai nostri occhi semplice nelle forme e nelle strutture portanti. Semplicità leggibile sin dal prospetto che dà sulla strada; la soluzione di continuità è rappresentata dalle finestre delle cellette, dove i frati avevano i loro umilissimi giacigli, e dagli archi a tutto sesto del loggiato dove essi deambulavano in cerca di meditazione. Il portone d'ingresso è preceduto da un pronao, sul quale fino a pochi anni fa si trovavano tre statuine, che sembravano quasi far da guardia al monumento, poi purtroppo trafugate. Gli archi a tutto sesto e le volte a botte testimoniano la semplicità delle strutture; bisogna andare nel loggiato, per trovare archi di tipo diverso, ogivali acuti. La semplicità continua nell'adiacente chiesa del Crocefisso, dai parabitani meglio conosciuta come chiesa di San Pasquale, la cui facciata essenziale è conclusa in alto con un timpano. Tramite una scalinata si arriva al portone d'ingresso, con due finestrelle ai lati ed una più grande sopra; sempre sulla facciata vi sono due edicole votive con le immagini di San Pasquale Baylon e San Pietro d'Alcantara, ispiratore dell'ordine. All'interno, a navata unica, l'elemento di maggior rilievo il presbiterio con la sua volta a lunette e l'Altare Maggiore. Questo, in stile tardo barocco, possiede quattro colonne tortili di fine cesellatura, un affresco centrale raffigurante il SS. Crocifisso (icona copia di quella più famosa dell'omonimo Santuario di Galatone) e varie sculture, stucchi e statue, il tutto scolpito in pietra leccese. Interessanti sono anche un bel presepe del 1700 di scuola napoletana; l'altare dedicato a Santa Filomena fatto costruire nel 1837 da Lucia la Greca, duchessa di Parabita, devota della Santa; un pavimento maiolicato, raffigurante il pozzo emblema della Vergine di Capurso, verso la quale gli Alcantarini avevano una vera devozione; anche nel retrostante giardino, si può ammirare un'edicola votiva con affrescata la sua immagine.L'arrivo degli Alcantarini a Parabita fu avversato non poco dai Cappuccini di Casarano e Gallipoli, per timore che l'avvento di un'altra famiglia di regolari mendicanti, potesse ridurre i proventi delle questue.In seguito alla legge eversiva di Gioacchino Murat del 1809-1814, con la quale i francesi espropriarono i beni degli ex feudi e molti della Chiesa (esperimento che riproporranno i Savoia con la Legge Siccardi del 1861), il convento degli Alcantarini venne soppresso e i frati allontanati da Parabita. Vi ritornarono con Ferdinando I, per essere allontanati definitivamente nel 1866.Nel convento di Parabita rimase un Alcantarino per prendersi cura del convento e della chiesa, dove Lucia la Greca fece seppellire nell'anno 1839 il figlio Giovanni Maria, quarto ed ultimo duca di Parabita.

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Gli Alcantarini arrivarono a Parabita nel 1731, cinque anni dopo che l'Università, con le suppliche dei tutori del duchino Giuseppe Ferrari e del clero secolare, ne aveva fatto richiesta al Vicario Provinciale dell'Ordine. Essi erano membri di una congregazione religiosa francescana, sorta in Spagna nella prima metà del secolo XVI; erano chiamati anche "Frati Minorii della riforma di San Pietro dell'Alcantara", oppure "Congregazione della più stretta osservanza di Francescani scalzi". Dopo pochi anni completarono la chiesa ed il convento. Quest'ultimo rispecchia in tutto quelle che erano le regole dell'ordine, improntate alla più ferrea semplicità, umiltà e compostezza. Questi frati erano fin troppo osservanti dello spirito costruttivo della regola, tanto che, quando si insediavano in un luogo e trovavano conventi non confacenti alle loro esigenze, erano propensi addirttura ad abbatterli e ricostruirli. Il convento si mostra ai nostri occhi semplice nelle forme e nelle strutture portanti. Semplicità leggibile sin dal prospetto che dà sulla strada; la soluzione di continuità è rappresentata dalle finestre delle cellette, dove i frati avevano i loro umilissimi giacigli, e dagli archi a tutto sesto del loggiato dove essi deambulavano in cerca di meditazione. Il portone d'ingresso è preceduto da un pronao, sul quale fino a pochi anni fa si trovavano tre statuine, che sembravano quasi far da guardia al monumento, poi purtroppo trafugate. Gli archi a tutto sesto e le volte a botte testimoniano la semplicità delle strutture; bisogna andare nel loggiato, per trovare archi di tipo diverso, ogivali acuti. La semplicità continua nell'adiacente chiesa del Crocefisso, dai parabitani meglio conosciuta come chiesa di San Pasquale, la cui facciata essenziale è conclusa in alto con un timpano. Tramite una scalinata si arriva al portone d'ingresso, con due finestrelle ai lati ed una più grande sopra; sempre sulla facciata vi sono due edicole votive con le immagini di San Pasquale Baylon e San Pietro d'Alcantara, ispiratore dell'ordine. All'interno, a navata unica, l'elemento di maggior rilievo il presbiterio con la sua volta a lunette e l'Altare Maggiore. Questo, in stile tardo barocco, possiede quattro colonne tortili di fine cesellatura, un affresco centrale raffigurante il SS. Crocifisso (icona copia di quella più famosa dell'omonimo Santuario di Galatone) e varie sculture, stucchi e statue, il tutto scolpito in pietra leccese. Interessanti sono anche un bel presepe del 1700 di scuola napoletana; l'altare dedicato a Santa Filomena fatto costruire nel 1837 da Lucia la Greca, duchessa di Parabita, devota della Santa; un pavimento maiolicato, raffigurante il pozzo emblema della Vergine di Capurso, verso la quale gli Alcantarini avevano una vera devozione; anche nel retrostante giardino, si può ammirare un'edicola votiva con affrescata la sua immagine.L'arrivo degli Alcantarini a Parabita fu avversato non poco dai Cappuccini di Casarano e Gallipoli, per timore che l'avvento di un'altra famiglia di regolari mendicanti, potesse ridurre i proventi delle questue.In seguito alla legge eversiva di Gioacchino Murat del 1809-1814, con la quale i francesi espropriarono i beni degli ex feudi e molti della Chiesa (esperimento che riproporranno i Savoia con la Legge Siccardi del 1861), il convento degli Alcantarini venne soppresso e i frati allontanati da Parabita. Vi ritornarono con Ferdinando I, per essere allontanati definitivamente nel 1866.Nel convento di Parabita rimase un Alcantarino per prendersi cura del convento e della chiesa, dove Lucia la Greca fece seppellire nell'anno 1839 il figlio Giovanni Maria, quarto ed ultimo duca di Parabita.
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