La chiesa sorge nel parco annesso all’ex sanatorio antitubercolare Vittorio Emanuele III, ora Centro Riabilitativo Polifunzionale a Alessandria. Il cantiere del sanatorio – costruito in una zona di campagna al di là del Tanaro, in un momento storico in cui la tubercolosi rappresentava una grande emergenza sanitaria - prende avvio negli anni Venti del Novecento e assiste a un passaggio di testimone tra l’ing. Arnaldo Gardella e il figlio ventiquattrenne Ignazio (1905-1999), di cui la chiesa rappresenta la prima opera. La morte prematura del padre costringe il futuro ingegnere a subentrare nello studio di progettazione paterno e a cimentarsi con i primi progetti. Il primo incarico arriva all’interno del complesso del sanatorio: la piccola chiesa deve l’impianto planivolumetrico al progetto di Arnaldo Gardella, ma Ignazio la plasma secondo un lessico innovativo, intriso di riferimenti internazionali e che si discosta, senza rinnegarlo, dal codice novecentista paterno. La piccola chiesa è caratterizzata da una rigida simmetria mirata a tenere separati gli uomini dalle donne, nel rispetto della normativa dell’epoca: due distinti ingressi portano all’interno, dove un massiccio muro suddivide longitudinalmente la navata. Insolitamente, la planimetria è contraddistinta dai muri perimetrali che convergono verso la zona presbiteriale dove il muro absidale presenta dei “tagli” nella muratura a introdurre suggestive lame di luce. L’altare è illuminato zenitalmente da un lucernario circolare. Il lessico adottato riassume gli stilemi razionalisti: la copertura è piana e priva di cornicioni, il deambulatorio che ricalca la zona absidale si poggia su esili colonnine con struttura metallica, i prospetti, denudati completamente da qualsiasi elemento decorativo aggiunto. Ma è la torre campanaria l’elemento che maggiormente caratterizza l’edificio. La parte terminale è completamente svuotata e lascia spazio a un traliccio in cemento armato che trova nella funzione di sostenere la campana, la ragione della sua forma.
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