I Luoghi del Cuore
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MILETO VECCHIA

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MILETO, VIBO VALENTIA

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MILETO VECCHIA
Mileto Vecchia L’area di “Mileto Vecchia” è l’unico Parco Archeologico Medievale esistente in Calabria. La titolatura a Monsignor Antonio Maria De Lorenzo, vescovo della medesima diocesi, è legata alla particolare sensibilità che quest’ultimo ebbe nei confronti della città abbandonata. Ben noto per i suoi scritti di storia e di archeologia, Monsignor De Lorenzo, giunto a Mileto, ci ha lasciato una dettagliata cronaca, datata al 1889, in cui descrive puntualmente l’area archeologica e il suo stato d’essere a circa un secolo dal terremoto che ne decretò l’abbandono. Frequentata probabilmente in epoche pre-elleniche, Mileto venne edificata sulla dorsale di due colline di arenaria, circondata da profondi valloni e naturalmente difendibile. Già esistente in età bizantina, il castrum Militense venne scelto da Ruggero I come capitale della sua costituenda Contea normanna di Calabria. Cambiò così la propria fisionomia, diventando sede privilegiata del Gran Conte e zecca di stato, con la coniazione di una nuova moneta, ed abbellita da marmi pregiati provenienti dal sito della vicina Hipponion-Valentia. I poli principali della città furono tre: il palazzo di Ruggero, la Cattedrale di San Nicola e del Vescovato, non lontano dalla quale è ricordata una cappella o piccola chiesa dedicata a S. Martino di Tours dove Ruggero II è stato battezzato da s. Bruno di Colonia, e la collinetta di Monteverde, sulla quale tra il 1063 e il 1070 fu costruito la “regal Badie”, il monastero benedettino della SS. Trinità, con delle formule architettoniche del tutto innovative per il Sud. Negli anni successivi il tessuto urbano si ingrandì sensibilmente tanto che nei primi decenni del XIV secolo fu uno dei centri più popolosi della Regione, arricchendosi di costruzioni notevoli quali palazzi signorili, chiese, un ospedale e i conventi dei Cappuccini e dei Carmelitani. I terremoti del 1638 e del 1659 provocarono ingenti danni strutturali e pesanti sconvolgimenti geologici, pertanto, dopo la “funesta catastrofe” del 1783, gli abitanti si videro costretti ad abbandonare il sito e ricostruire la nuova Mileto più a monte, su una dorsale collinare ampia e pianeggiante dove si trova l’attuale e omonimo centro abitato. L’interesse antiquario e archeologico verso le rovine dell’antica città nacque fin da subito, grazie all’arrivo, nella nostra Regione, di numerosi viaggiatori europei, incuriositi dalla Capitale Normanna. Sebbene distrutta, Mileto conservava ancora antiche e pregevoli vestigia come il sarcofago romano riutilizzato come sepolcro di Ruggero, epigrafi latine, colonne e altri elementi marmorei. Nei decenni successivi, il sito abbandonato divenne cava per l’esportazione e la vendita di materiale da costruzione. Molti dei monumenti furono oggetto di spoliazione, mentre le opere scultoree e decorative più importanti, anche quelle di età classica, andarono disperse o trafugate. Si diffuse, così, la convinzione di un passato magnogreco e romano della città tanto che, nel 1916, anche l’allora Soprintendente Paolo Orsi si accinse a eseguire alcuni scavi presso le rovine dell’Abbazia con la speranza di rinvenire i resti della città classica. Ma fu solo dagli anni ’90 che il sito fu oggetto di moderne indagini archeologiche, presso le absidi della SS. Trinità e l’area del complesso episcopale, mentre si datano al 2015 le più recenti campagne di restauro architettonico delle strutture superstiti.

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Mileto Vecchia L’area di “Mileto Vecchia” è l’unico Parco Archeologico Medievale esistente in Calabria. La titolatura a Monsignor Antonio Maria De Lorenzo, vescovo della medesima diocesi, è legata alla particolare sensibilità che quest’ultimo ebbe nei confronti della città abbandonata. Ben noto per i suoi scritti di storia e di archeologia, Monsignor De Lorenzo, giunto a Mileto, ci ha lasciato una dettagliata cronaca, datata al 1889, in cui descrive puntualmente l’area archeologica e il suo stato d’essere a circa un secolo dal terremoto che ne decretò l’abbandono. Frequentata probabilmente in epoche pre-elleniche, Mileto venne edificata sulla dorsale di due colline di arenaria, circondata da profondi valloni e naturalmente difendibile. Già esistente in età bizantina, il castrum Militense venne scelto da Ruggero I come capitale della sua costituenda Contea normanna di Calabria. Cambiò così la propria fisionomia, diventando sede privilegiata del Gran Conte e zecca di stato, con la coniazione di una nuova moneta, ed abbellita da marmi pregiati provenienti dal sito della vicina Hipponion-Valentia. I poli principali della città furono tre: il palazzo di Ruggero, la Cattedrale di San Nicola e del Vescovato, non lontano dalla quale è ricordata una cappella o piccola chiesa dedicata a S. Martino di Tours dove Ruggero II è stato battezzato da s. Bruno di Colonia, e la collinetta di Monteverde, sulla quale tra il 1063 e il 1070 fu costruito la “regal Badie”, il monastero benedettino della SS. Trinità, con delle formule architettoniche del tutto innovative per il Sud. Negli anni successivi il tessuto urbano si ingrandì sensibilmente tanto che nei primi decenni del XIV secolo fu uno dei centri più popolosi della Regione, arricchendosi di costruzioni notevoli quali palazzi signorili, chiese, un ospedale e i conventi dei Cappuccini e dei Carmelitani. I terremoti del 1638 e del 1659 provocarono ingenti danni strutturali e pesanti sconvolgimenti geologici, pertanto, dopo la “funesta catastrofe” del 1783, gli abitanti si videro costretti ad abbandonare il sito e ricostruire la nuova Mileto più a monte, su una dorsale collinare ampia e pianeggiante dove si trova l’attuale e omonimo centro abitato. L’interesse antiquario e archeologico verso le rovine dell’antica città nacque fin da subito, grazie all’arrivo, nella nostra Regione, di numerosi viaggiatori europei, incuriositi dalla Capitale Normanna. Sebbene distrutta, Mileto conservava ancora antiche e pregevoli vestigia come il sarcofago romano riutilizzato come sepolcro di Ruggero, epigrafi latine, colonne e altri elementi marmorei. Nei decenni successivi, il sito abbandonato divenne cava per l’esportazione e la vendita di materiale da costruzione. Molti dei monumenti furono oggetto di spoliazione, mentre le opere scultoree e decorative più importanti, anche quelle di età classica, andarono disperse o trafugate. Si diffuse, così, la convinzione di un passato magnogreco e romano della città tanto che, nel 1916, anche l’allora Soprintendente Paolo Orsi si accinse a eseguire alcuni scavi presso le rovine dell’Abbazia con la speranza di rinvenire i resti della città classica. Ma fu solo dagli anni ’90 che il sito fu oggetto di moderne indagini archeologiche, presso le absidi della SS. Trinità e l’area del complesso episcopale, mentre si datano al 2015 le più recenti campagne di restauro architettonico delle strutture superstiti.
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