Ruderi di un monastero francescano, la cui costruzione risale alla fine del XV secolo. Oggi sono visibili i resti di quella che doveva essere un’opera imponente; spiccano, infatti, le absidi laterali e quella centrale dell’antica basilica, ed alcuni muri del grandioso complesso monumentale. I pochi elementi superstiti testimoniano una grande maestria nella lavorazione della pietra, visibile nei capitelli, architravi, stipiti e colonne.
Si tratta di un antico monastero costruito dal frate agostiniano, beato Francesco Marino di Zumpano (CS), con l’aiuto dal conte Giancola Conclubeth di Arena. La costruzione fu avviata nel 1490 ed era dedicata a Santa Maria de Jesu. Si narra di una costruzione che, per motivi ancora oggi oscuri, rimase incompiuta, probabilmente per una maledizione fatta proprio dal beato Francesco da Zumpano. Nel 1505 l’opera era quasi ultimata, ma il nuovo conte Gianfrancesco, figlio del precedente, molto devoto a San Francesco di Paola, tolse il convento agli agostiniani per concederlo ai minimi di San Francesco di Paola. Si tramanda che fu grande il dispiacere del Beato Francesco da Zumpano, tanto che mandò la maledizione che il luogo divenisse “Nidu di ciavuli”. Infatti la permanenza dei minimi di Paola non durò molto, poiché, nel 1550 circa, lo abbandonarono per trasferirsi a Borrello (oggi Laureana di Borrello – RC) nella nuova casa costruita dal loro ordine.
Gli agostiniani non vollero riprenderselo, poiché avevano costruito il nuovo convento ad Aquaro e il conte d’Arena lo affidò ai conventuali di San Francesco di Assisi di Arena. Anche questi vi rimasero per poco tempo, poiché agli inizi del Seicento risulta un solo frate e un terziario, e nel 1654 fu definitivamente abbandonato per assenza di religiosi. Per lo stato di abbandono la chiesa crollò e le celle e le fabbriche del convento si trasformarono in un cumulo di rovine. A ciò si aggiunse l’incuria degli uomini, che nel tempo depredarono gran parte delle rovine per altri utilizzi delle pietre. Le mura di questo antico convento nel tempo diedero asilo a molti eremiti, che qui morirono, come Pietro Salimbeni da Acquaro nel 1730, Varì Francesco da Ciano nel 1754 , Nesci Giovanni da Fabrizia nel 1755 e de Angelis Pasquale nel 1756.