Allarme per il patrimonio culturale siciliano: fermiamo il DDL 698/2020

Allarme per il patrimonio culturale siciliano: fermiamo il DDL 698/2020

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Allarme per il patrimonio culturale siciliano: fermiamo il DDL 698/2020
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15 giugno 2020

Il FAI condivide l’allarme lanciato da oltre 100 personalità del mondo della cultura e delle università – primi firmatari l’archeologo Giuliano Volpe e l’urbanista ed ex deputato regionale Manlio Mele – in difesa della tutela del patrimonio e del paesaggio siciliani, con una petizione che ha raccolto in soli due giorni 4.000 firme e oggi ne conta quasi 5.000, provenienti da tutta Italia.

Il FAI si unisce a quanti chiedono il ritiro o la profonda revisione del disegno di legge contenente disposizioni in materia di beni culturali e tutela del paesaggio (DDL698/2020) attualmente all’esame della V Commissione dell’Assemblea Regionale Siciliana (ARS).

Puoi firmare la petizione qui.

Nello specifico, destano profonda preoccupazione i passaggi che nel testo di legge prevedono di:

esautorare le Soprintendenze dal ruolo di garanti della tutela del patrimonio culturale e paesaggistico spostando i processi autorizzativi degli interventi sui beni paesaggistici dal livello regionale e tecnico delle Soprintendenze a quello locale e politico dei comuni (art.49);

demandare le autorizzazioni per interventi di demolizione e/o trasformazione di beni monumentali al Dirigente Generale dell’Assessorato dei Beni Culturali (art. 6);

abrogare le leggi regionali 80/77 e 116/80 che regolano oggi le competenze e le funzioni del sistema regionale dei beni culturali e paesaggistici (art. 44) scardinando l’assetto legislativo della tutela vigente;

privare l’Assessorato dei Beni Culturali della redazione dei piani paesaggistici a favore dell’Assessorato Territorio e Ambiente di concerto con i comuni (art. 52); una modifica che rischia di escludere i profili professionali specializzati nella tutela del paesaggio, provocando lacune e lacerazioni, anziché favorire l’integrazione e la collaborazione tra diverse professionalità.

Lo straordinario patrimonio culturale e paesaggistico della Sicilia merita più efficienti e aggiornate forme di tutela, valorizzazione e gestione, ma qualunque riforma che tocchi oggi un ambito così sensibile per il futuro della Regione deve essere oggetto di una riflessione ponderata e partecipata, estesa al coinvolgimento delle comunità locali, dei professionisti della cultura e degli altri attori che operano sul patrimonio, e non può risolversi in un provvedimento frettolosamente discusso e approvato a porte chiuse, demandato alla sola politica.

La Sicilia, del resto, anche più di altre regioni d’Italia, è stata esposta in passato a iniziative speculative che hanno arrecato danni sensibili al suo patrimonio, che sono ferite ancora aperte. Dove le istituzioni preposte, ovvero le Soprintendenze, hanno esercitato il loro ruolo di legittima e rigorosa tutela, monumenti e paesaggi sono stati conservati e valorizzati, e oggi sono una ricchezza del territorio e dell’Italia intera. Ricordiamo un caso per tutti, che riguarda da vicino il FAI, presente in Sicilia con uno dei suoi Beni, il Giardino della Kolymbethra nel Parco della Valle dei Templi di Agrigento: senza l’impegno competente e appassionato della Sovrintendente Graziella Fiorentini oggi quel Parco non ci sarebbe, e quel patrimonio archeologico e paesaggistico, riconosciuto come Bene UNESCO e visitato ogni anno da quasi un milione di persone provenienti da tutto il mondo, non sarebbe tutelato e valorizzato, anche con il contributo del FAI, per sempre e per tutti, protetto ad esempio dagli scempi dell’abusivismo edilizio.

Il FAI auspica, pertanto, il ritiro del DDL in discussione e una riforma che, piuttosto, rafforzi il ruolo delle Soprintendenze, semplificando le procedure, perché esse possano operare in modo più efficace e incisivo, e colmando un’emorragia di capitale umano, di professionisti e di risorse in questo comparto, purtroppo estesa alle istituzioni della tutela in tutta Italia. È altrettanto auspicabile un rafforzamento degli strumenti di tutela come i piani paesaggistici, nati proprio per garantire una trasformazione del territorio che tenga conto dei molteplici valori del paesaggio, primo tra tutti quello di bene culturale.

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