Emissario di Claudio (AQ): intervista al Comitato Amici dell'Emissario

Emissario di Claudio (AQ): intervista al Comitato Amici dell'Emissario

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Emissario di Claudio (AQ): intervista al Comitato Amici dell'Emissario
Dal territorio

06 luglio 2020

L'Emissario di Claudio/Torlonia (Capistrello, AQ) è un Luogo del Cuore salvato. Con 4.704 voti raccolti nel 2016 all'VIII edizione del Censimento, ha ottenuto un contributo di 2.700 €, stanziato dal FAI in collaborazione con Intesa Sanpaolo, da destinare a un intervento di valorizzazione.

Qual è il valore identitario di questo luogo per la sua comunità?

Il valore storico dell’opera è ben noto così come l’immenso valore economico che ha portato nell’area fucense; Capistrello, ironia della sorte, non fa parte di quest’area e ha beneficiato solo di un relativo indotto prodottosi con le attività agricole/industriali sviluppatesi in seguito.

I lavori che ci sono stati nell’Ottocento hanno però prodotto un cambiamento radicale per tutto il paese che, in analogia al famosissimo detto valevole per l’area fucense “Torlonia ci ha tolto il pesce per darci il pane” trasformando i paesi rivieraschi in centri agricoli di eccellenza, ha visto trasformarsi la sua struttura economica che da agricola è divenuta fortemente operaia; una forma operaia, però, molto particolare: i minatori e scalpellini!

All’inizio dei lavori del Torlonia, nel 1854, le relazioni dei tecnici francesi chiamati a dirigere i lavori dicono chiaramente che nella zona non c’era disponibilità di manodopera idonea a svolgere lavori in sotterraneo e di miniera; furono costretti pertanto a chiamare da fuori, dalla Francia e dal Piemonte, lavoratori specializzati in tali opere.

Già l’anno successivo, in un’altra relazione, riportano come gli abitanti del luogo furono rapidi nell’apprendere l’arte di tali lavori e che non c’era più la necessità di far venire lavoratori da fuori zona. Le persone che furono maggiormente utilizzate per l’esecuzione di tali lavori erano principalmente di Capistrello e di Luco dei Marsi.

Successivamente, con l’avvio delle attività di coltivazione dell’ex lago, i cittadini di Luco dei Marsi si riversarono tutti nell’ambito agricolo mentre ai capistrellani, non essendo il paese coinvolto nell’assegnazione degli appezzamenti agricoli, non rimase altro che ritornare all’agricoltura tradizionale nei fondi del proprio territorio che avevano subito un enorme abbattimento del loro valore non garantendo le stesse rendite dei campi fucensi.

A questa crisi risposero, oltre che con l’emigrazione tipica di fine ottocento, continuando a fare il lavoro da poco appreso; inizia quindi un lungo periodo, durato per tutto il XX secolo, in cui Capistrello esporta maestranze altamente specializzate nello scavo di gallerie in Italia, in Europa e nel mondo.

La specializzazione degli operai capistrellani era talmente nota che, come viene riferito da alcuni anziani, era sufficiente dirsi capistrellano per essere preso in organico. La presenza degli operai capistrellani è attestata in tutte le grandi opere di derivazione idrica eseguite nel mondo, dal Vajont alla diga sullo Zampesi.

Discorso particolare è quello rappresentato dagli scalpellini, venuti anch’essi per la lavorazione della pietra necessaria alla costruzione delle opere dell’Emissario, sono successivamente rimasti in paese continuando la lavorazione della pietra locale che aveva mostrato ottime qualità di resistenza e di bellezza potendola trattare e lucidare come il marmo.

All’interno del gruppo degli scalpellini si sono distinti nel tempo, radicandosi nel territorio, un gruppo di famiglie provenienti dal territorio della Val Comino e soprattutto da Pescocostanzo; la loro arte continuò a esplicarsi nel tempo fornendo il paese e i dintorni di ricchi portali e opere accessorie alle costruzioni edili. La loro presenza e attività si è protratta fino agli anni ’60 del Novecento subendo un rapido declino dovuto anche allo sviluppo del paese nell’area sottostante le cave; attualmente rimane una sparuta attività a livello hobbistico di alcuni anziani scalpellini.

Cosa vi ha spinto a candidare l'Emissario di Claudio a "I Luoghi del Cuore"?

A questa domanda si può rispondere, e ha una grande importanza, soprattutto da capistrellani appassionati del proprio paese e della sua pur piccola storia.

Negli anni passati ci sono sempre state iniziative volte alla promozione delle opere legate all’Emissario presenti nell’area fucense ignorando sistematicamente il versante occidentale e le opere presenti al suo sbocco.

L’idea di partecipare al Censimento “I Luoghi del Cuore” è legata proprio alla volontà di dare luce a questa area; alla pubblicazione dei risultati del Censimento, infatti,la quasi totalità della stampa ha rilanciato la notizia come riguardante l’area dei cunicoli di Claudio e non lo sbocco del versante capistrellano.

Il successo ottenuto con il Censimento e le attività da questo scaturite, quali la ripulitura e riorganizzazione del sentiero, l’organizzazione di iniziative ad hoc, l’assegnazione del titolo “Luogo del Cuore FAI” hanno portato questa parte dell’opera a essere un unicum; la rilevanza mediatica assunta ha reso possibile anche la sensibilizzazione delle amministrazioni competenti nel preventivare interventi di manutenzione straordinaria per garantire la stabilità dell’opera che rischiava (e ancora rischia) un rovinoso degrado.

I Luoghi del Cuore hanno portato visibilità e maggiore attenzione all'Emissario di Claudio?

Si, l’aver partecipato al Censimento ha dato al nostro luogo una visibilità unica e inaspettata; per misurare il grado di visibilità ottenuta si deve tener presente che precedentemente l’esistenza di uno sbocco dell’emissario era completamente ignorato e veniva data importanza solo all’area fucense. Adesso non è più così e l’area è costantemente visitata da persone provenienti sia dall’Italia che da altre parti d’Europa e del mondo.

La partecipazione al Censimento ha permesso di attrarre altri contributi economici?

Al momento, e a seguito delle iniziative scaturite dalla partecipazione al Censimento “I Luoghi del Cuore”, hanno portato a un interessamento delle istituzioni sullo stato di manutenzione del sito con lo stanziamento di circa 150.000 euro di fondi del MiBAC per la sua sistemazione, cosa inimmaginabile precedentemente.

Come avete raccolto i voti? Potete raccontarci qualche esempio concreto?

Si è operato facendo leva sulle nostre conoscenze personali e il passaparola all’interno degli ambiti familiari e nei luoghi di lavoro chiedendo a ognuno di operarsi nel raccogliere adesioni fra i parenti e amici.

Un’azione specifica è stata fatta all’interno delle scuole del circondario e ove operavano nostri concittadini; aiuti sono venuti anche da alcuni centri anziani e luoghi di lavoro frequentati da alcuni di noi.

Qual è stata la prima cosa che avete pensato quando avete scoperto di aver ricevuto il contributo?

Ci siamo riusciti!

Cosa non vi sareste mai aspettati?

La risonanza avuta dall’iniziativa e la meraviglia provata dai visitatori che sono rimasti entusiasti del luogo e hanno avuto la gentilezza di comunicarcelo.

Quali sono i tre consigli che vorreste dare agli altri luoghi che decidono di partecipare al Censimento?

• Approfittare dell’opportunità che il Censimento “I Luoghi del Cuore” offre: partecipare.

• Ricreare per il proprio sito una storia che ne raccolga i legami con il territorio: fare rete.

• Mantenere l’entusiasmo nel tempo: non mollare.

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