Per il nostro patrimonio serve prevenzione

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Per il nostro patrimonio serve prevenzione
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04 novembre 2016

Pubblichiamo l'intervento di Roberto Cecchi, architetto, consigliere d'amministrazione del FAI e assessore alla Cultura e al Turismo del Comune di Varese, pubblicato il 4 novembre 2016 sul "Corriere della Sera" a proposito del terremoto e della difesa del nostro patrimonio monumentale.

La prevenzione necessaria per il nostro patrimonio

Caro direttore, vedo che il dibattito sul dopo-durante terremoto si sta focalizzando su una serie di questioni come capire se i terremoti siano prevedibili o no. Su come si formano gli eventi sismici. Quali siano i protocolli della Protezione civile per sfollare i nostri concittadini colpiti così duramente. Ultimamente, ci stiamo addentrando sulle lentezze della burocrazia che metterebbe addirittura ostacoli alla realizzazione di puntellamenti, che poi sarebbero la causa della mancata salvaguardia di veri e propri monumenti. Domande legittime che tutto sommato danno la dimensione del nostro ritardo, se sono le stesse domande che si faceva Publio Virgilio Marone nelle Georgiche, quando chiedeva alle Muse il perché dei terremoti e s'interrogava smarrito «unde tremor terris», da dove hanno origine i terremoti? E una domanda che risale a più di duemila anni fa, visto che fu pronunciata nel primo secolo avanti Cristo. Per la precisione tra il 36 e il 29.

Forse qualche passo in più, rispetto ad allora, oggi l'abbiamo fatto. E allora, in questi giorni la domanda delle domande non è stata fatta. Ed è una. Anzi, sono due. E cioè, visto e considerato che i meccanismi che originano i terremoti rendono impossibile prevedere dove, quando e con quale intensità si verificheranno, la domanda è la seguente: abbiamo o no strumenti tecnici adeguati per prevenire gli effetti del sisma? Ci sono o no? Eppoi, e la risposta dovrebbe essere affermativa, quegli strumenti sono stati impiegati o no? Più che altro, questo mi pare il senso del problema che abbiamo di fronte. E allora possiamo dire che alla prima domanda la risposta è assolutamente affermativa. Perché dal 2010 sono state approvate e rese operative delle linee guida che rispondono in maniera positiva a questa domanda (Linee guida per la valutazione e la riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale. Allineamento alle Nuove norme tecniche per le costruzioni, MiBAC, 2 dicembre 2010, e G.U., Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 47 del 26 febbraio 2011). Si può aggiungere solo che era un criterio in vigore già dal 2006. Quelle linee guida dicono come si fa a mettere al sicuro il nostro patrimonio dal rischio sismico, avendo ben chiaro che gran parte di questo patrimonio è costituito da beni importanti. E la ragione per cui si dovettero approntare quelle linee guida, discende proprio dalla necessità di avere strumenti adeguati a risolvere una questione complessa. Complessa perché se quei beni non fossero beni di qualità, basterebbe demolirli tutti e rifarli secondo criteri antisismici (cosa che è stata proposta anche in questi giorni) Il fatto è che non si può, perché credo che nessuno vorrebbe che si demolisse il Colosseo per poi rifarlo in calcestruzzo. Principio che vale per il Colosseo e per qualsiasi altra cosa dei nostri centri storici, perché credo che nessuno vorrebbe vedere neanche le torri di San Gimignano demolite e rifatte a mo' di ciminiere.

Questa è la ragione per cui, dopo un iter lunghissimo durato anni, furono fatte quelle linee guida che disciplinano come fare a migliorare le costruzioni esistenti, contro il rischio sismico per renderle sufficientemente resistenti, tanto da poterle assimilare a quelle costruite ex novo. Dove questo tipo di attività di prevenzione è stata fatta come nelle Marche, ma anche in Lunigiana, si è dimostrato che il sistema del miglioramento funziona egregiamente. E allora perché non si è provveduto a farlo per tutto il resto? Dopo che il MIBAC nel 2009 ha destinato su indicazione del Consiglio Superiore dei Beni Culturali e Paesaggistici presieduto allora da Andrea Carandini il 5% dei suoi stanziamenti per iniziare a fare la verifica sismica, non mi pare sia stato fatto altro. Quattro verifiche, dopo di che il vuoto. E allora la domanda da farsi è perché? E gli altri, tutti quegli altri che avrebbero dovuto farne altrettante, che ne è stato? Sembra non se ne sia stato fatto proprio niente. Per incuria e per mancanza di determinazione. E per il fatto che passata la buriana tutti si scordano di fare quello che devono. È un problema insidioso tipico della questione sismica. Ci si dimentica. Ci si scorda che quello è un problema. Atteggiamento che si riscontra anche in altri settori come per il dissesto idrogeologico e molto altro. Spero sia arrivato il momento, dopo questi danni immani, che da domani, domani e non tra tre mesi o tre anni, si provveda a fare delle semplici verifiche sismiche a scala territoriale. E di qui si proceda alla redazione di un quadro di priorità su tutto il territorio nazionale, a cui far seguire una serie di interventi di miglioramento. Finché non sia stato messo in sicurezza tutto quanto. Basta chiacchiere.

Il FAI ha scelto di dare seguito alle parole attivando una raccolta fondi per restaurare l'Oratorio della Madonna del Sole ad Arquata del Tronto, duramente colpito dal terremoto del 24 agosto scorso e danneggiato nuovamente domenica 30 ottobre.

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