Salvare l’acqua per salvare noi stessi

Salvare l’acqua per salvare noi stessi

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Salvare l’acqua per salvare noi stessi
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08 marzo 2018

L’acqua, oltre a rappresentare un elemento essenziale alla vita, simbolizza forse anche il bisogno rinato di collegarci insieme in modo che i singoli e la comunità possano rafforzarsi reciprocamente combattendo l’anticivico narcisismo imperante? Su questi interrogativi posti da Andrea Carandini, Presidente del FAI, al XXII Convegno Nazionale FAI, riflette nel suo intervento Vito Mancuso, teologo.

Introduzione di Andrea Carandini, Presidente FAI

Qualsiasi civismo sta nel ritenere l’individuo come l’atomo della comunità umana intesa come cosmo che non opprime la persona e anzi la libera ottemperando al tempo stesso alla giustizia sociale: impresa essenziale e quanto mai difficile.

Se il singolo uomo - emerso dalla famiglia, dalla tribù e da ulteriori forme di comunità grazie al Cristianesimo, all’Illuminismo, al Romanticismo e alla cultura contemporanea – si ritiene onnipotente come Dio e quindi si immagina autosufficiente, per cui esclude dal suo panorama il Pianeta e gli altri, ecco che esso ci appare come un Narciso dei nostri giorni.

Come superare il narcisismo, sommamente anticivico?

Mi domando se l’acqua, oltre a rappresentare un elemento essenziale alla vita, non simbolizzi anche il bisogno rinato di collegarci insieme, in modo che la persona non venga soffocata dalla comunità e che la comunità non venga distrutta da una massa di uomini e donne fissi al proprio specchio, sempre più avidi e sempre meno soddisfatti.

Mi auguro che a questo mio interrogativo le prossime riflessioni possano dare una qualche risposta e vi ringrazio per l’ascolto.

Guarda l'intervento di Vito Mancuso, teologo

Conclusioni di Andrea Carandini, Presidente FAI

Ma ora devo tornare da dove stamane ero partito, e in particolare a Vito Mancuso che in modo eccellente ha risposto al mio interrogativo sul significato ultimo dell’acqua.

L’acqua è certamente un elemento liquido fondamentale per la vita. Ma nel generarla non ha forse avuto un ruolo anche la solida terra, in cui soprattutto risiede la polvere di stelle, il fango, di cui siamo fatti?

La vita è nata dove nell’acqua marina eruttavano soffioni emananti il calore proveniente dal centro del Globo, per cui essa si è basata sia sull’acqua e sia sulla crosta rocciosa.

Ma acqua e roccia tra loro si contrappongono. Infatti il mare e i fiumi collegano gli uomini, mentre le rocce li separano specie quando si innalzano come montagne.

Dunque l’acqua rappresenta l’amore che unisce, mentre la roccia richiama il potere che divide. Tutte le civiltà - lo abbiamo visto - sono state un miscuglio di unione e divisione, di costruzione e di distruzione.

La roccia mai perviene a mutare l’acqua, mentre gutta cavat lapidem, perché essendo liquida riesce ad ammorbidire la dura pietra (come Mancuso ha osservato).

Così il debole liquido vince - bisogna pur dire, con assai lunga fatica - l’elemento roccioso, solido e forte, il quale però serve anch’esso alla vita.

Quanto è solido fornisce il fulcro per far spiccare e sollevare la vita, ma solo quanto è liquido compone e compatta gli innumerevoli fulcri in una rete sola, in un unico contesto saturo di rapporti.

Pertanto, la roccia simboleggia la durezza dei contrasti, mentre la mite “Sora acqua” favorisce accordi, giungendo a volte a far fiorire la paradisiaca armonia perfino su questa terra.

Salviamo pertanto sia l’acqua che la terra, se vogliamo salvare noi stessi. Ma per far ciò dobbiamo lasciare che l’acqua intenerisca i nostri cuori che, troppo induriti dall’amor proprio, stentano a palpitare per gli altri e per la natura.

Ritengo che la vita consista principalmente nel conflitto, ma una vita che salvi sé medesima esige civismo, a partire dall’idrocivismo che il FAI oggi qui ha proposto in concreto con le tre Azioni di sistema e con i cinque Strumenti per il cittadino che Meregalli e Bruno vi hanno illustrato.

Ma il conflitto, per rivelarsi pienamente vitale, deve incivilirsi, temperarsi, arrivando ad apprezzare anche le idee diverse dalle nostre.

Perciò la componente distruttiva insita nell’uomo deve essere limitata, intenerita, in modo che il costruire prevalga decisamente sul distruggere.

Questa tenerezza, che sola giunge a comporre l’interesse individuale e l’interesse generale, è l’esatto contrario di ogni fanatica credenza ed azione. Lo constatiamo ogni giorno in questa travagliatissima Italia, che va riprendendosi, ma che deve ancora prendere quota.

Pertanto laviamo con l’acqua sentimenti e ragione – oltre che il corpo su cui troppo ci siamo concentrati dopo averlo un tempo eccessivamente flagellato -, addomesticando noi stessi, come abbiamo saputo fare 14 000 anni fa con i nostri migliori amici, i cani. Ma dobbiamo sapere che i cani hanno perso la natura del lupo molto più facilmente di quanto l’uomo riuscirà a fare con sé stesso, perché è un amalgama particolarmente complesso e ricco di male e di bene. Proseguendo nell’homo homini lupus, divorando perfino la madre natura moriremo tutti prima che il Sole esaurisca calore e splendore.

Si dice che natura non fa salti, eppure Hic Rhodus hic saltus ha scritto Esopo tradotto in latino. Il detto riguarda un atleta che nell’Isola di Rodi aveva sostenuto di avere compiuto un salto da un piede all'altro del famoso Colosso e di avere testimoni per quella sua impresa. Gli è stato riposto: “Niente testimoni, qui è Rodi e qui ripeti il salto…”

Insomma, dobbiamo compiere un salto colossale a livello di homo Sapiens. Dopo aver raggiunto la conoscenza, che divide, la specie deve raggiungere, almeno in uguale misura, il buono e il bello che il tutto ricompongono. Solo così diventeremo finalmente all’altezza dell’universo che ci ha consentito di diventare consapevoli, parlanti, pensanti e infine perfino amanti degli altri oltre che di noi stessi. Sora acqua aiutaci!

#salvalacqua

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