I Luoghi del Cuore
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ARCO DI PRATO

ARCO DI PRATO

LECCE

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ARCO DI PRATO
L'Arco di Prato, nell'omonima piazzetta, prende il nome da Fra Leonardo Prato, un illustre capitano dell'Ordine dei Cavalieri Gerosolimitani, vissuto tra il XV e il XVI secolo, la cui nobile famiglia era di origine leccese. Egli si distinse nel 1479 a Rodi, nella battaglia contro i turchi e intervenne proficuamente qualche anno dopo nel patteggiamento delle condizioni della pace con il Pascià. Fu a lungo al servizio degli Aragonesi ed ebbe un ruolo di primo piano nelle vicende dell'assedio della città di Taranto, alla fine del XV secolo. Sotto gli Aragonesi ottenne numerosi privilegi, tra cui il diritto di asilo nella sua casa. Schieratosi con la Repubblica di Venezia, gli fu affidato il comando della Cavalleria durante la guerra contro i francesi, a fianco del Pontefice. Morì nella battaglia di Bellaere e il suo corpo fu trasportato nella Chiesa dei SS. Giovanni e Paolo a Venezia dove, per volere della Serenissima, fu realizzata sulla sua tomba una scultura equestre in suo onore. La profonda arcata che anticipa l'accesso al Palazzo Prato a Lecce è affiancata sul prospetto principale da due slanciate paraste e, in tono celebrativo, presenta scolpiti sui pennacchi gli stemmi dell'illustre famiglia Prato, attualmente poco leggibili. Altri elementi decorativi sono costituiti da un'elegante voluta inserita al centro dell'Arco e, nella parte superiore, da una balaustra in cui cinque balaustrini sagomati si alternano ritmicamente a piccoli pilastrini a sezione quadrata. Il Palazzo Prato, a cui si accedeva dopo aver attraversato la breve galleria, fu costruito secondo canoni dell'architettura militare: monumentale nelle proporzioni e essenziale nell'aspetto. Il monumento deve la sua notorietà ad un aneddoto della storia locale: nel 1797 il Re Ferdinando IV di Borbone era in visita a Lecce in occasione delle nozze del principe ereditario Francesco con Maria Clementina d’Asburgo. Il sindaco di Lecce Oronzo Giosuè Mansi, in giro per la città con il Borbone, indicò al Sovrano l’Arco quale esempio di bellezza architettonica, ma il Re rispose in malo modo, manifestando il proprio disinteresse. Da quel momento a Lecce, per manifestare disinteresse nei confronti di qualcosa o qualcuno, si usa eufemisticamente l’espressione: “Arcu te Pratu”.

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L'Arco di Prato, nell'omonima piazzetta, prende il nome da Fra Leonardo Prato, un illustre capitano dell'Ordine dei Cavalieri Gerosolimitani, vissuto tra il XV e il XVI secolo, la cui nobile famiglia era di origine leccese. Egli si distinse nel 1479 a Rodi, nella battaglia contro i turchi e intervenne proficuamente qualche anno dopo nel patteggiamento delle condizioni della pace con il Pascià. Fu a lungo al servizio degli Aragonesi ed ebbe un ruolo di primo piano nelle vicende dell'assedio della città di Taranto, alla fine del XV secolo. Sotto gli Aragonesi ottenne numerosi privilegi, tra cui il diritto di asilo nella sua casa. Schieratosi con la Repubblica di Venezia, gli fu affidato il comando della Cavalleria durante la guerra contro i francesi, a fianco del Pontefice. Morì nella battaglia di Bellaere e il suo corpo fu trasportato nella Chiesa dei SS. Giovanni e Paolo a Venezia dove, per volere della Serenissima, fu realizzata sulla sua tomba una scultura equestre in suo onore. La profonda arcata che anticipa l'accesso al Palazzo Prato a Lecce è affiancata sul prospetto principale da due slanciate paraste e, in tono celebrativo, presenta scolpiti sui pennacchi gli stemmi dell'illustre famiglia Prato, attualmente poco leggibili. Altri elementi decorativi sono costituiti da un'elegante voluta inserita al centro dell'Arco e, nella parte superiore, da una balaustra in cui cinque balaustrini sagomati si alternano ritmicamente a piccoli pilastrini a sezione quadrata. Il Palazzo Prato, a cui si accedeva dopo aver attraversato la breve galleria, fu costruito secondo canoni dell'architettura militare: monumentale nelle proporzioni e essenziale nell'aspetto. Il monumento deve la sua notorietà ad un aneddoto della storia locale: nel 1797 il Re Ferdinando IV di Borbone era in visita a Lecce in occasione delle nozze del principe ereditario Francesco con Maria Clementina d’Asburgo. Il sindaco di Lecce Oronzo Giosuè Mansi, in giro per la città con il Borbone, indicò al Sovrano l’Arco quale esempio di bellezza architettonica, ma il Re rispose in malo modo, manifestando il proprio disinteresse. Da quel momento a Lecce, per manifestare disinteresse nei confronti di qualcosa o qualcuno, si usa eufemisticamente l’espressione: “Arcu te Pratu”.
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