I Luoghi del Cuore
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CASTELLO FEUDALE D'AYALA VALVA

CASTELLO FEUDALE D'AYALA VALVA

CAROSINO, TARANTO

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CASTELLO FEUDALE D'AYALA VALVA
Presumibilmente il sito ebbe una frequentazione messapica, e certamente, in epoche successive, fu un importante centro sul fiorente asse commerciale Taranto – Grecia, come afferma D. Loiacono, portando a riprova il tesoretto di 76 monete argentee ritrovate nel 1904 in agro di Carosino, monete che permettono esatta datazione e precisa testimonianza di rapporti economici e culturali con la grande polis dello Jonio. In conseguenza del saccheggio di Taranto ad opera dei saraceni nel 927 d.C. è probabile che il sito sia stato ricolonizzato (I. Chirulli) dopo un lungo periodo di abbandono, (assumendo il toponimo di “Citrignano”?). Le prime fonti storiche certi derivano dai registri Angioini e risalgono al 1348, data in cui il feudo di Carosino fu venduto dai Capitignano ai Palmerio di Capua. Decaduta durante la guerra greco-gotica, si fraziona in casali e casegrotte; l´agricoltura e la pastorizia restano le uniche attività economiche. E´ noto che nel XV° sec. le armate Albanesi al seguito di Skanderberg, rasero al suolo il piccolo ed antico casale il cui feudatario Raimondo De Noha fu alleato dell´Orsini di Taranto nella sua rivolta contro il Re di Napoli (1462). Il casale restò pressocchè disabitato per quasi mezzo secolo, come feudo delle famiglie nobili della zona. Nel 1471 fu acquistato dagli Antoglietta e da questa famiglia ri-colonizzato ancora, con autorizzazione del Vicerè di Napoli del 1522. Nel 1517 il feudo divenuto Baronia passò alla famiglia dei Simonetta e poi ancora ai Muscettola (1524). Fu in questo periodo che scomparve il rito ortodosso e con esso probabilmente la parlata arbereshe dei coloni albanesi in seguito al massiccio impegno dell´Arciv. Lelio Brancaccio che volle estendere il rito cattolico in lingua latina. La baronia passò ancora di mano agli Albertini e poi agli Imperiali. Nel 1806, abolita la feudalità nel Regno di Napoli, il Ducato di Carosino fu proprietà della famiglia Berio – Marulli, ed infine nel 1875, Carosino già Comune (con plebiscito) del Regno d´Italia, i Marulli vendettero le loro proprietà terriere a Roberto d´Ayala Valva, insieme al Palazzo Ducale. Le origini del Nome Gli storici che hanno svolto ricerche sull´origine dei Comuni della Provincia di Taranto, non concordano circa l´origine del toponimo. Lo storico A. Cinque ritiene che “Carosino” sia un nome composto derivante da “Carus”, nel senso di “prezioso”, “diletto”, e “situs” (dal lat. situs: luogo), o “sinus” dal latino sinus vallis, fondovalle rispetto le piccole alture circostanti. Il G. Giovine, invece pur facendolo derivare in egual modo da Carus-sinus, dà al sostantivo sinus un significato religioso riferito al seno della Vergine Maria, il cui culto era diffuso anche per la presenza del santuario già famoso nel XVI° sec. Nel 1928 il paese era ancora sprovvisto di uno stemma civico. Fu il Sindaco del tempo, Michele Guda (per oltre 35 anni acclamato alla guida di Carosino), ad interessarsi della questione. Ne fu concessa la facoltà di farne uso da Vittorio Emanuele III Re d´Italia con Decreto del 18 ottobre 1928. Il “solenne documento della accordata grazia” fu firmato Il 31 gennaio 1929 da Vittorio Emanuele III e dal Capo del Governo (Mussolini). Soltanto nel 1962 però, si deliberò l´acquisto di un gonfalone che potesse degnamente rappresentare il Comune col simbolo dei “colori” storici e sociali della comunità locale. Lo sfondo dello scudo è azzurro. Al centro vi è una fascia dorata. Nascente dalla fascia un´ acquila nera con una corona d´oro. In basso cinque spighe di grano poste a ventaglio. Attorno allo scudo vi sono: una raffigurazione del castello sotto l´aspetto di corona; un ramo d´ulivo ed uno di quercia uniti da un laccio tricolore

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Presumibilmente il sito ebbe una frequentazione messapica, e certamente, in epoche successive, fu un importante centro sul fiorente asse commerciale Taranto – Grecia, come afferma D. Loiacono, portando a riprova il tesoretto di 76 monete argentee ritrovate nel 1904 in agro di Carosino, monete che permettono esatta datazione e precisa testimonianza di rapporti economici e culturali con la grande polis dello Jonio. In conseguenza del saccheggio di Taranto ad opera dei saraceni nel 927 d.C. è probabile che il sito sia stato ricolonizzato (I. Chirulli) dopo un lungo periodo di abbandono, (assumendo il toponimo di “Citrignano”?). Le prime fonti storiche certi derivano dai registri Angioini e risalgono al 1348, data in cui il feudo di Carosino fu venduto dai Capitignano ai Palmerio di Capua. Decaduta durante la guerra greco-gotica, si fraziona in casali e casegrotte; l´agricoltura e la pastorizia restano le uniche attività economiche. E´ noto che nel XV° sec. le armate Albanesi al seguito di Skanderberg, rasero al suolo il piccolo ed antico casale il cui feudatario Raimondo De Noha fu alleato dell´Orsini di Taranto nella sua rivolta contro il Re di Napoli (1462). Il casale restò pressocchè disabitato per quasi mezzo secolo, come feudo delle famiglie nobili della zona. Nel 1471 fu acquistato dagli Antoglietta e da questa famiglia ri-colonizzato ancora, con autorizzazione del Vicerè di Napoli del 1522. Nel 1517 il feudo divenuto Baronia passò alla famiglia dei Simonetta e poi ancora ai Muscettola (1524). Fu in questo periodo che scomparve il rito ortodosso e con esso probabilmente la parlata arbereshe dei coloni albanesi in seguito al massiccio impegno dell´Arciv. Lelio Brancaccio che volle estendere il rito cattolico in lingua latina. La baronia passò ancora di mano agli Albertini e poi agli Imperiali. Nel 1806, abolita la feudalità nel Regno di Napoli, il Ducato di Carosino fu proprietà della famiglia Berio – Marulli, ed infine nel 1875, Carosino già Comune (con plebiscito) del Regno d´Italia, i Marulli vendettero le loro proprietà terriere a Roberto d´Ayala Valva, insieme al Palazzo Ducale. Le origini del Nome Gli storici che hanno svolto ricerche sull´origine dei Comuni della Provincia di Taranto, non concordano circa l´origine del toponimo. Lo storico A. Cinque ritiene che “Carosino” sia un nome composto derivante da “Carus”, nel senso di “prezioso”, “diletto”, e “situs” (dal lat. situs: luogo), o “sinus” dal latino sinus vallis, fondovalle rispetto le piccole alture circostanti. Il G. Giovine, invece pur facendolo derivare in egual modo da Carus-sinus, dà al sostantivo sinus un significato religioso riferito al seno della Vergine Maria, il cui culto era diffuso anche per la presenza del santuario già famoso nel XVI° sec. Nel 1928 il paese era ancora sprovvisto di uno stemma civico. Fu il Sindaco del tempo, Michele Guda (per oltre 35 anni acclamato alla guida di Carosino), ad interessarsi della questione. Ne fu concessa la facoltà di farne uso da Vittorio Emanuele III Re d´Italia con Decreto del 18 ottobre 1928. Il “solenne documento della accordata grazia” fu firmato Il 31 gennaio 1929 da Vittorio Emanuele III e dal Capo del Governo (Mussolini). Soltanto nel 1962 però, si deliberò l´acquisto di un gonfalone che potesse degnamente rappresentare il Comune col simbolo dei “colori” storici e sociali della comunità locale. Lo sfondo dello scudo è azzurro. Al centro vi è una fascia dorata. Nascente dalla fascia un´ acquila nera con una corona d´oro. In basso cinque spighe di grano poste a ventaglio. Attorno allo scudo vi sono: una raffigurazione del castello sotto l´aspetto di corona; un ramo d´ulivo ed uno di quercia uniti da un laccio tricolore
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