I Luoghi del Cuore
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EX MONASTERO DI SCARDAVILLA

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EX MONASTERO DI SCARDAVILLA
La storia del monastero, dell'eremo e del bosco. La localitá di Scardavilla è ricordata per la prima volta nel 1225, come dipendenza del convento di S. Maria di Vincareto nei pressi di Bertinoro. Il piccolo monastero di S. Maria di Scardavilla, i cui resti parzialmente trasformati sono visibili a Scardavilla di sotto, è meglio descritto in un documento del 1241, dal quale si ricava che i monaci, oltre che alla preghiera e alla contemplazione, si dedicavano alla coltivazione dei campi e all'allevamento del bestiame (soprattutto pecore e maiali); lo stesso toponimo della localitá, del resto, deriva da cardus e villus e richiama la cardatura del vello delle pecore. Dopo essere stato soggetto a varie congregazioni, nei primi anni del secolo XVI il monastero passó alle dipendenze dei monaci camaldolesi, che fin dalla nascita dell'ordine avevano modellato la loro regola sul governo delle celebri foreste del Casentino. La regola, tramandata in un primo tempo oralmente, si presentava come un vero e proprio codice forestale e nelle Costituzioni di Camaldoli del 1639 le antiche consuetudini furono rese obbligatorie anche per i monasteri dipendenti: Siano i detti eremi tra le selve folte, quali col piantare, inserire, tagliare, e con altre diligenze si mantenghino e si accreschino, et peró dentro il circuito dell'Eremo, non sará lecito tagliare arbori, per non guastare la bellezza del luogo.... E' grazie all'osservanza di queste disposizioni che il bosco di Scardavilla si è mantenuto per secoli. Agli inizi del secolo XVII i monaci di Scardavilla avvertirono la necessitá di costruire un nuovo eremo sul boscoso colle di Monte Lipone, che sovrasta il primo cenobio. Dopo varie richieste al priore di Camaldoli, nel 1684 cominciarono i lavori nell'odierna Scardavilla di sopra. L'imponente complesso, terminato nel 1733, era costituito da una pregevole chiesa barocca circondata da dodici celle per gli eremiti, con una cappelletta e un orticello chiuso da un muricciolo all'usanza di Camaldoli; di fronte sorgeva un palazzo a due piani con ampia cantina e pozzo. Intorno all'eremo si estendeva una selva di querce secolari, mentre l'area piú pianeggiante presso l'antico convento era occupata da seminativi arborati. I due nuclei monastici erano allineati lungo un ideale asse prospettico, collegati da un ampio viale di querce e circondati da una cinta muraria di circa due chilometri che racchiudeva anche il bosco e i coltivi circostanti per un totale di una ventina di ettari. Nel 1797, con l'avvento di Napoleone, gli eremiti furono costretti ad abbandonare Scardavilla, e il bosco e i due complessi religiosi, ceduti a privati, cominciarono a degradarsi. Nemmeno il comune di Forlí, che li ebbe in proprietá dal 1859 ai primi anni del '900, riuscí a evitare i tagli abusivi degli alberi piú imponenti. Il rovinoso terremoto del 1870, inoltre, distrusse buona parte del convento e della chiesa di Scardavilla di sotto. Quando nei primi anni di questo secolo il complesso tornó in mano ai privati si accentuarono i tagli del bosco e i danni alle architetture (furono demolite le celle dei monaci). Intorno al 1940 i Missionari della Consolata di Torino restaurarono la chiesa e il palazzo di Scardavilla di sopra. In questo periodo le mura a monte erano ancora ben conservate, mentre a valle erano ormai ridotte al solo basamento. Durante la seconda guerra mondiale la situazione peggioró ulteriormente, con l'abbattimento delle querce piú belle e la scomparsa di ampie porzioni di bosco. Successivamente vennero smantellati anche gli ultimi resti delle mura e la superficie boscata fu ancora ridotta per far posto ai coltivi.

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La storia del monastero, dell'eremo e del bosco. La localitá di Scardavilla è ricordata per la prima volta nel 1225, come dipendenza del convento di S. Maria di Vincareto nei pressi di Bertinoro. Il piccolo monastero di S. Maria di Scardavilla, i cui resti parzialmente trasformati sono visibili a Scardavilla di sotto, è meglio descritto in un documento del 1241, dal quale si ricava che i monaci, oltre che alla preghiera e alla contemplazione, si dedicavano alla coltivazione dei campi e all'allevamento del bestiame (soprattutto pecore e maiali); lo stesso toponimo della localitá, del resto, deriva da cardus e villus e richiama la cardatura del vello delle pecore. Dopo essere stato soggetto a varie congregazioni, nei primi anni del secolo XVI il monastero passó alle dipendenze dei monaci camaldolesi, che fin dalla nascita dell'ordine avevano modellato la loro regola sul governo delle celebri foreste del Casentino. La regola, tramandata in un primo tempo oralmente, si presentava come un vero e proprio codice forestale e nelle Costituzioni di Camaldoli del 1639 le antiche consuetudini furono rese obbligatorie anche per i monasteri dipendenti: Siano i detti eremi tra le selve folte, quali col piantare, inserire, tagliare, e con altre diligenze si mantenghino e si accreschino, et peró dentro il circuito dell'Eremo, non sará lecito tagliare arbori, per non guastare la bellezza del luogo.... E' grazie all'osservanza di queste disposizioni che il bosco di Scardavilla si è mantenuto per secoli. Agli inizi del secolo XVII i monaci di Scardavilla avvertirono la necessitá di costruire un nuovo eremo sul boscoso colle di Monte Lipone, che sovrasta il primo cenobio. Dopo varie richieste al priore di Camaldoli, nel 1684 cominciarono i lavori nell'odierna Scardavilla di sopra. L'imponente complesso, terminato nel 1733, era costituito da una pregevole chiesa barocca circondata da dodici celle per gli eremiti, con una cappelletta e un orticello chiuso da un muricciolo all'usanza di Camaldoli; di fronte sorgeva un palazzo a due piani con ampia cantina e pozzo. Intorno all'eremo si estendeva una selva di querce secolari, mentre l'area piú pianeggiante presso l'antico convento era occupata da seminativi arborati. I due nuclei monastici erano allineati lungo un ideale asse prospettico, collegati da un ampio viale di querce e circondati da una cinta muraria di circa due chilometri che racchiudeva anche il bosco e i coltivi circostanti per un totale di una ventina di ettari. Nel 1797, con l'avvento di Napoleone, gli eremiti furono costretti ad abbandonare Scardavilla, e il bosco e i due complessi religiosi, ceduti a privati, cominciarono a degradarsi. Nemmeno il comune di Forlí, che li ebbe in proprietá dal 1859 ai primi anni del '900, riuscí a evitare i tagli abusivi degli alberi piú imponenti. Il rovinoso terremoto del 1870, inoltre, distrusse buona parte del convento e della chiesa di Scardavilla di sotto. Quando nei primi anni di questo secolo il complesso tornó in mano ai privati si accentuarono i tagli del bosco e i danni alle architetture (furono demolite le celle dei monaci). Intorno al 1940 i Missionari della Consolata di Torino restaurarono la chiesa e il palazzo di Scardavilla di sopra. In questo periodo le mura a monte erano ancora ben conservate, mentre a valle erano ormai ridotte al solo basamento. Durante la seconda guerra mondiale la situazione peggioró ulteriormente, con l'abbattimento delle querce piú belle e la scomparsa di ampie porzioni di bosco. Successivamente vennero smantellati anche gli ultimi resti delle mura e la superficie boscata fu ancora ridotta per far posto ai coltivi.
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