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FORNO FUSORIO DI LIVEMMO

FORNO FUSORIO DI LIVEMMO

PERTICA ALTA, BRESCIA

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FORNO FUSORIO DI LIVEMMO
Nel 1999 il Forno di Livemmo, da più di 150 anni in disuso e dimenticato nella boscaglia, del quale si potevano invidiare solo alcune cavità semisepolte (depositi di carbone), è stato oggetto di una ricerca archivistico-documentale da parte dello storico dell’economia Giancarlo Marchesi. Dall’indagine è emersa la complessità dell’apparto architettonico dell’impianto fusorio di Livemmo e la grande importanza rivestita in passato da tale struttura produttiva. Grazie alle mappe ottocentesche è stato possibile risalire all’esatta localizzazione dei vari elementi di cui si componeva il complesso: dalla “macchina” di fusione, il cosiddetto “cannecchio”, ai depositi di carbone, agli spazi di stoccaggio del minerale. Nel 2001 l’area sulla quale insiste l’antico impianto è stata acquisita al patrimonio comunale di Pertica Alta e, nello stesso anno, è stata oggetto di una operazione di disboscamento. Nel luglio del 2004 è iniziata una attenta e mirata campagna di scavi guidata dall’archeologo Brogiolo. L’équipe che ha condotto le operazione di scavo si prefiggeva di riportare alla luce almeno una parte dei resti dell’impianto fusorio. Grazie a tale campagna, nell’estate 2004 è stato possibile far emergere la struttura del “cannecchio”, vale a dire la “macchina” fusoria. Tale ritrovamento ha un’importanza notevole nel campo dell’archeologia industriale, poiché il Forno di Livemmo è l’unica struttura fusoria del Bresciano che abbia conservato l’aspetto primordiale, cioè quello descritto dagli statuti di Valle Sabbia del 1573. Infatti il Forno fusorio di Livemmo, posto lungo il torrente Tovere, è una testimonianza viva dell’attività che per secoli ha animato l’economia delle valli bresciane. Ad una analisi attenta emerge che la località di Livemmo ha visto nascere il “cannecchio”, vale a dire l’altoforno “alla bresciana”, il tipo di impianto metallurgico che costituì, per i tre secoli dell’età moderna, un vero e proprio primato tecnologico degli operatori mierario-metallurgici delle valli bresciane.

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Nel 1999 il Forno di Livemmo, da più di 150 anni in disuso e dimenticato nella boscaglia, del quale si potevano invidiare solo alcune cavità semisepolte (depositi di carbone), è stato oggetto di una ricerca archivistico-documentale da parte dello storico dell’economia Giancarlo Marchesi. Dall’indagine è emersa la complessità dell’apparto architettonico dell’impianto fusorio di Livemmo e la grande importanza rivestita in passato da tale struttura produttiva. Grazie alle mappe ottocentesche è stato possibile risalire all’esatta localizzazione dei vari elementi di cui si componeva il complesso: dalla “macchina” di fusione, il cosiddetto “cannecchio”, ai depositi di carbone, agli spazi di stoccaggio del minerale. Nel 2001 l’area sulla quale insiste l’antico impianto è stata acquisita al patrimonio comunale di Pertica Alta e, nello stesso anno, è stata oggetto di una operazione di disboscamento. Nel luglio del 2004 è iniziata una attenta e mirata campagna di scavi guidata dall’archeologo Brogiolo. L’équipe che ha condotto le operazione di scavo si prefiggeva di riportare alla luce almeno una parte dei resti dell’impianto fusorio. Grazie a tale campagna, nell’estate 2004 è stato possibile far emergere la struttura del “cannecchio”, vale a dire la “macchina” fusoria. Tale ritrovamento ha un’importanza notevole nel campo dell’archeologia industriale, poiché il Forno di Livemmo è l’unica struttura fusoria del Bresciano che abbia conservato l’aspetto primordiale, cioè quello descritto dagli statuti di Valle Sabbia del 1573. Infatti il Forno fusorio di Livemmo, posto lungo il torrente Tovere, è una testimonianza viva dell’attività che per secoli ha animato l’economia delle valli bresciane. Ad una analisi attenta emerge che la località di Livemmo ha visto nascere il “cannecchio”, vale a dire l’altoforno “alla bresciana”, il tipo di impianto metallurgico che costituì, per i tre secoli dell’età moderna, un vero e proprio primato tecnologico degli operatori mierario-metallurgici delle valli bresciane.
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