I Luoghi del Cuore
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MULINO FANZAGA

MULINO FANZAGA

TREVIGLIO, BERGAMO

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MULINO FANZAGA
Il Mulino Fanzaga di Treviglio, già citato nei documenti del Castello di Treviglio nel 1392 come 'mulino fuori porta Zeduro', è l’ultimo superstite dei quattro mulini più antichi della comunità trevigliese, posti tutti sulle quattro porte della città. Dopo la demolizione del 2012 (per far posto al tracciato della nuova autostrada), del secolare mulino del Ferrandino posto tra Treviglio e Calvenzano, il mulino Fanzaga è anche l’ultimo delle decine di mulini che caratterizzavano la campagna del borgo. Posto su una roggia che il Mulino stesso divide in roggia Castolda e roggia Murena è dotato di due ruote orizzontali ed è stato in funzione fino alla fine degli anni '90. Al suo interno conserva ancora tutti i macchinari in legno e acciaio: una macchina per la macinazione ancora in presente in loco risale prima dell'800 . Nei secoli l’energia idraulica delle acque che scorrevano in fiumi e canali, era l’unica alternativa alla forza animale e alla fatica dell’uomo. Nel quattordicesimo secolo si cominciano a scavare le rogge che dal fiume Brembo si sviluppano nella Gera D’Adda, i Trevigliesi riescono abilmente a tessere accordi con Bergamo e Milano per l’utilizzo di questa preziosa risorsa premurandosi di far convalidare le concessioni ottenute anche dall’Impero con tre decreti successivi nel corso del 1300. L’importanza delle risorse idriche era tale che nel 1392 venne redatto con gli statuti un piano delle acque che stabiliva pesanti penalità a chi avesse contravvenuto alle disposizioni del Consiglio. La morte di Cesare Fanzaga, alla fine degli anni '90, pone fine all'attività del mulino. Gli impianti furono fermati ma al suo interno è ancora tutto come allora con le macchine distribuite sui tre piani apparentemente pronte all’uso. Le “macchine” alcune dell’800 sono collegate da grossi nastri agli alberi motore che le hanno mosse per tanti anni, ci sono grossi tubi di collegamento tra le stesse e tra i tre piani dell’edificio, “rubinettoni “ con cui miscelare i diversi tipi di farina accumulata nei diversi serbatoi, colonne di legno con all’interno coclee che trasportavano farine da un piano all’altro, ancora lunghi tubi orbitanti che pescavano il grano da una grande tramoggia che faceva da serbatoio generale. All’interno del tubo una vite senza fine trasportava alle macchine quanto andava macinato. Un ingegnoso e complesso di legno ferro acciaio. Al piano terra colonne di ghisa ottocentesche sostengono la soletta del primo piano, i pavimenti in legno e il tetto a capriate sono rimarchevoli. Fino al diciottesimo secolo il Mulino Fanzaga apparteneva alla comunità ed era insieme agli altri il caposaldo di un sistema produttivo integrato agricolo industriale comprendente il maglio del ferro e dei bottoni. I mulini idraulici cominciano a diminuire di numero all’inizio del XX secolo con l’avvento della elettricità. Il Mulino Fanzaga ha comunque sempre utilizzato la forza della caduta dell’acqua e i motori elettrici installati all’inizio del secolo, servivano a muovere gli impianti solo nei periodi di secca. La morte di Cesare Fanzaga, alla fine degli anni '90, pone fine all'attività del mulino. Gli impianti furono fermati ma al suo interno è ancora tutto come allora con le macchine distribuite sui tre piani apparentemente pronte all’uso. Le “macchine” alcune dell’800 sono collegate da grossi nastri agli alberi motore che le hanno mosse per tanti anni, ci sono grossi tubi di collegamento tra le stesse e tra i tre piani dell’edificio, “rubinettoni “ con cui miscelare i diversi tipi di farina accumulata nei diversi serbatoi, colonne di legno con all’interno coclee che trasportavano farine da un piano all’altro, ancora lunghi tubi orbitanti che pescavano il grano da una grande tramoggia che faceva da serbatoio generale. All’interno del tubo una vite senza fine trasportava alle macchine quanto andava macinato. Un ingegnoso e complesso di legno ferro acciaio.

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Il Mulino Fanzaga di Treviglio, già citato nei documenti del Castello di Treviglio nel 1392 come 'mulino fuori porta Zeduro', è l’ultimo superstite dei quattro mulini più antichi della comunità trevigliese, posti tutti sulle quattro porte della città. Dopo la demolizione del 2012 (per far posto al tracciato della nuova autostrada), del secolare mulino del Ferrandino posto tra Treviglio e Calvenzano, il mulino Fanzaga è anche l’ultimo delle decine di mulini che caratterizzavano la campagna del borgo. Posto su una roggia che il Mulino stesso divide in roggia Castolda e roggia Murena è dotato di due ruote orizzontali ed è stato in funzione fino alla fine degli anni '90. Al suo interno conserva ancora tutti i macchinari in legno e acciaio: una macchina per la macinazione ancora in presente in loco risale prima dell'800 . Nei secoli l’energia idraulica delle acque che scorrevano in fiumi e canali, era l’unica alternativa alla forza animale e alla fatica dell’uomo. Nel quattordicesimo secolo si cominciano a scavare le rogge che dal fiume Brembo si sviluppano nella Gera D’Adda, i Trevigliesi riescono abilmente a tessere accordi con Bergamo e Milano per l’utilizzo di questa preziosa risorsa premurandosi di far convalidare le concessioni ottenute anche dall’Impero con tre decreti successivi nel corso del 1300. L’importanza delle risorse idriche era tale che nel 1392 venne redatto con gli statuti un piano delle acque che stabiliva pesanti penalità a chi avesse contravvenuto alle disposizioni del Consiglio. La morte di Cesare Fanzaga, alla fine degli anni '90, pone fine all'attività del mulino. Gli impianti furono fermati ma al suo interno è ancora tutto come allora con le macchine distribuite sui tre piani apparentemente pronte all’uso. Le “macchine” alcune dell’800 sono collegate da grossi nastri agli alberi motore che le hanno mosse per tanti anni, ci sono grossi tubi di collegamento tra le stesse e tra i tre piani dell’edificio, “rubinettoni “ con cui miscelare i diversi tipi di farina accumulata nei diversi serbatoi, colonne di legno con all’interno coclee che trasportavano farine da un piano all’altro, ancora lunghi tubi orbitanti che pescavano il grano da una grande tramoggia che faceva da serbatoio generale. All’interno del tubo una vite senza fine trasportava alle macchine quanto andava macinato. Un ingegnoso e complesso di legno ferro acciaio. Al piano terra colonne di ghisa ottocentesche sostengono la soletta del primo piano, i pavimenti in legno e il tetto a capriate sono rimarchevoli. Fino al diciottesimo secolo il Mulino Fanzaga apparteneva alla comunità ed era insieme agli altri il caposaldo di un sistema produttivo integrato agricolo industriale comprendente il maglio del ferro e dei bottoni. I mulini idraulici cominciano a diminuire di numero all’inizio del XX secolo con l’avvento della elettricità. Il Mulino Fanzaga ha comunque sempre utilizzato la forza della caduta dell’acqua e i motori elettrici installati all’inizio del secolo, servivano a muovere gli impianti solo nei periodi di secca. La morte di Cesare Fanzaga, alla fine degli anni '90, pone fine all'attività del mulino. Gli impianti furono fermati ma al suo interno è ancora tutto come allora con le macchine distribuite sui tre piani apparentemente pronte all’uso. Le “macchine” alcune dell’800 sono collegate da grossi nastri agli alberi motore che le hanno mosse per tanti anni, ci sono grossi tubi di collegamento tra le stesse e tra i tre piani dell’edificio, “rubinettoni “ con cui miscelare i diversi tipi di farina accumulata nei diversi serbatoi, colonne di legno con all’interno coclee che trasportavano farine da un piano all’altro, ancora lunghi tubi orbitanti che pescavano il grano da una grande tramoggia che faceva da serbatoio generale. All’interno del tubo una vite senza fine trasportava alle macchine quanto andava macinato. Un ingegnoso e complesso di legno ferro acciaio.
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