Santuario mariano realizzato all'interno di una grotta naturale, centro devozionale dell'intera Valle Imagna. Ultimo santuario visitato da Papa Giovanni XXIII prima della salita al soglio pontificio.
Lo stesso San Giovanni XXIII° (il Papa Buono) diceva della Cornabusa: "E' il Santuario più bello che esista, perché non l'ha fatto la mano dell'uomo, ma Dio Stesso".
Si narra che un anziano contadino della zona, trovandosi un giorno nei dintorni della grotta, entrò in perlustrazione e trovò la statuetta. Questo fatto lo sorprese molto e fu probabilmente come un ‘presagio’ . La lasciò lì ma continuò con regolarità ad accedere alla grotta in solitudine per un buon periodo di tempo, sentendosi diviso tra il desiderio di farne partecipi i compaesani o tacere e tenere la scoperta solo per sè, in attesa del fatidico “segno divino”, che arrivò qualche anno dopo.
La protagonista fu una giovinetta sordomuta, una contadina, che pascolava le pecore nei dintorni della grotta. Fu attratta dal mistero e dalla curiosità di entrare e trovò la statuetta. La ragazza corse subito a casa dichiarando quanto aveva trovato e tutti si accorsero che aveva riacquistato la voce, e anche l’udito! Secondo una versione della medesima narrazione, sarebbe stata la Madonna ad aver donato i sensi mancanti alla giovane, per consentirle di esprimere la volontà che venisse eretto un santuario nella caverna. In breve la notizia della giovane risanata e della statuetta ‘miracolosa’ si diffuse a macchia d’olio in tutti i paesi limitrofi.
La prodigiosa effigie, divenne in breve tempo oggetto di discussione tra le popolazioni su chi dovesse tenerle. Infatti ben presto venne trafugata dalla grotta per portarla prima nella chiesa di Bedulita, da cui proveniva la giovane, e poi a Cepino.
Avvenne un prodigio ancora più eclatante, di notte infatti la statuetta tornava al suo posto e la si trovava l’indomani ancora nella sua spelonca! Tutti i fedeli, sbigottiti, pensarono di dover eseguire il trasporto con solenni cerimonie; dunque scomodarono pure il vescovo che, avrebbe autorizzato una traslazione in pompa magna, con tanto di processione, ministri di culto, devoti e tutto quanto è consono ad un importante rito.
Ma quando furono sul fianco del monte innanzi che incominci la discesa, la statuetta della Vergine Addolorata voltò la testa in direzione del suo ‘rifugio’, con tale espressione di dolore, tutti capirono che era là che voleva ritornare e non andare altrove.
Ebbe così inizio il culto della Madonna della Grotta, solo in seguito cambiato con quello di Madonna della Cornabusa; un culto costellato di grazie ricevute e di prodigi.
Il 4 febbraio 1510 il vescovo di Bergamo concesse la licenza di celebrare la S. Messa nella grotta; da qui l’esigenza di attrezzare quanto meno sufficientemente la strada per accedere al sacro luogo.
Altra caratteristica ed unicità del Santuario è la presenza sulle pareti della “campanula elatinoides” , specie di pianta erbacea appartenente alla famiglia delle campanulacee, molto rara e particolarmente bella, originaria delle Alpi lombardo-venete. La campanula vegeta sulle pareti della grotta-santuario, sia esterne che interne, e le sue tinte cerulee sono un chiaro richiamo al manto tradizionale della Beata Vergine Maria. La pianta, inoltre, fiorisce a fine estate nel periodo in cui cade la festa del santuario (settembre) e la sua corolla, stellata e non campanulata come nella maggior parte delle specie congeneri, è un ulteriore richiamo ai segni della rappresentazione mariana che la nostra straordinaria campanula esprime nel santuario tanto caro a San Giovanni XXIII.