Nel 1904 (data riportata nel dipinto del soffitto del corpo scala), Alessandro Bonci e Igina Brancondi fecero costruire, con il patrimonio paterno di lei, la loro sontuosa dimora all’apice di un colle sulla via per Recanati chiamando per il progetto un architetto romano: Urbano Neri. I coniugi Bonci ebbero modo di ospitare nella loro magnifica dimora numerosi artisti di grido, tra i quali la soprano Elvira De Hidalgo, futura maestra della Callas.
La scelta progettuale di Villa Bonci, per esaltare la qualità e modernità della dimora, spinse verso soluzioni ardite e durevoli per i primi anni del ‘900, quali l’utilizzo del cemento e ferro.
La villa emerge per la monumentalità di impostazione classica. L’impianto, apparentemente rigido, si sblocca nel ritmo dei volumi grazie allo slittamento visibile nelle porzioni centrali dell’edificio ove si aprono i due ingressi rialzati: quello pubblico posto sul davanti per accedere alla villa e quello più privato posto sul retro per accedere al giardino. Questa voluta e ricercata articolazione planimetrica viene enfatizzata dalla presenza di precisi elementi architettonici opportunamente dosati: sul fronte la scalinata a due rampe soprastata da un balcone e sul retro l’ ampia scalinata, scenograficamente ampliata da una zona a belvedere circolare che affaccia sul parco. Qui il disegno del portico si conclude con la soprastante terrazza collegata con le camere da letto. Nell’insieme l’architettura si ispira ai nuovi canoni modernisti trattenendo però una certa libertà espressiva tipica del periodo storico tra 800 e 900. Nell’insieme l’edificio è a 4 piani, di cui il primo è seminterrato. Dal quarto piano si raggiunge la copertura terrazzata e la torretta belvedere caratterizzata da quattro aperture, sottolineate da colonne libere, dal piano attico, dipinto al suo interno, con motivi allegorici sulla musica ispirati alla pittura greca. Dalla terrazza si gode un meraviglioso panorama a 360° dal mare ai Monti Sibillini. Tutti i particolari decorativi della villa rimandano chiaramente a temi dell’architettura classica: le colonne di ordine tuscanico con architravature a fasce; le aperture sottolineate da finti bugnati lisci e da lesene; i terrazzi, i balconi e il portico sono sottolineati da balaustre con colonnine di diverse sagomature alternate a pilastri e partiture più ampie; infine un ampio cornicione a fasce, con dentellatura massiccia, perimetra e conclude il disegno delle facciate. Ampiamente presente nella decorazione della villa il tema della musica, quale elemento simbolico e rappresentativo dell’artista Bonci: esternamente le inferriate del piano seminterrato sono in ferro battuto e riportano l’antico strumento musicale della lira, così come nell’androne di ingresso dove al centro della volta del soffitto, è presente un dipinto allegorico con figura femminile che suona la lira con sguardo rivolto al cielo di fronte a un gruppo di angioletti festanti. L’impianto planimetrico della residenza è semplice e lineare con successione di stanze disimpegnate dai corridoi centrali. L’ampio e luminoso scalone, che conduce ai piani soprastanti, è caratterizzato da ringhiera di protezione con elementi in ghisa tipici del periodo. Un ulteriore elemento di curiosità è rappresentato dai termosifoni originali a testimonianza della modernità del progetto e della visione dei committenti.
Dopo la morte del tenore, la storia di Villa Bonci segue un altro percorso legato al progetto assistenziale nei confronti degli orfani dei piloti della aviazione. Già dal 1921 a seguito della proclamazione della Madonna di Loreto quale protettrice degli aviatori il “Comitato onoranze alla celeste patrona degli aeronauti” decretò di “far sorgere a Loreto, proprio nella Villa, un Istituto di educazione e di istruzione per gli orfani di aeronauti che si trovassero in condizioni di non poter prepararsi un avvenire decoroso”.