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SITO ARCHEOLOGICO "PEZZA PETROSA"

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VILLA CASTELLI, BRINDISI

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SITO ARCHEOLOGICO "PEZZA PETROSA"
La località di Pezza Petrosa, in agro di Villa Castelli. corrisponde al toponimo Pezza Le Monache e risulta interessata da un insediamento alquanto vasto, come documentano i numerosi rinvenimenti fin dagli inizi del '900, dei quali ci è pervenuta notizia soprattutto attraverso Ciro Cafforio, appassionato studioso locale. Secondo il Cafforio il sito sarebbe stato abitato fin dall'età neolitica, a tale periodo risalirebbero infatti alcune sepolture con deposizioni plurime in posizione rannicchiata, caratterizzate da materiale ceramico e oggetti litici peculiari dell'epoca nonché numerosi reperti in selce e in pietra, raccolti in gran quantità nell'area. La vita sarebbe continuata anche nell'età del bronzo e del ferro, epoca in cui la zona sarebbe stata assoggettata dai Messapi, per passare poi, in seguito alla fondazione di Taranto da parte degli Spartani, sotto l'egemonia culturale e politica di questa città, finché non fu conquistata dai Romani avvenuta intorno al 564 d.C. L'antica città, secondo lo Studioso, sarebbe stata costituita da un'acropoli, dove era visibile il basamento di un grande tempio con battuto pavimentale in cotto, dedicato a Vesta o Prìapo, intorno alla quale vi era un'imponente cinta muraria, formata da una cortina interna di pietre informi e una esterna, sita a m 7,50, di blocchi isodomici squadrati. A sud ovest dell'acropoli si estendeva la città, priva di una cinta difensiva e della quale sarebbero rimaste a testimonianza numerose fondamenta di edifici e tante tombe sparse tutto intorno. A sua volta Francesco Ribezzo, che aveva visitato la zona nel 1942 insieme al Soprintendente Ciro Drago, confermava la continuità di vita nel sito dall'età neolitica all'età imperiale romana, attestandone altresì la trasformazione da stazione dell'età del ferro in città messapica e affermando che se la città avesse avuto una cinta muraria, essa non avrebbe potuto coprire un diametro superiore ai duemilacinquecento metri. Irrisoluta restava l'antica Rudiae, patria del poeta Q. Ennio, identificazione caldamente sostenuta dal Cafforio e osteggiata, altrettanto vivacemente dal Ribezzo. La Soprintendenza Archeologica della Puglia ha effettuato nell’area una prima campagna di scavo nei mesi di settembre e ottobre 1989. L’indagine ha confermato l’esistenza di un abitato di IV-III sec. a.C., consentendo l’individuazione di un setto murario orientato nord-sud. Un successivo intervento è stato condotto nei mesi di settembre-dicembre 1990, che ha messo in luce, danneggiandole, quattro tombe a fosse rivestite di lastroni e una tomba terragna. Questa seconda campagna di scavo ha permesso di acquisire i primi dati scientifici relativi al sito, ma ha soprattutto riproposto il problema della definizione e delle oscillazioni dei limiti della chora tarantina verso la Messapia.

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La località di Pezza Petrosa, in agro di Villa Castelli. corrisponde al toponimo Pezza Le Monache e risulta interessata da un insediamento alquanto vasto, come documentano i numerosi rinvenimenti fin dagli inizi del '900, dei quali ci è pervenuta notizia soprattutto attraverso Ciro Cafforio, appassionato studioso locale. Secondo il Cafforio il sito sarebbe stato abitato fin dall'età neolitica, a tale periodo risalirebbero infatti alcune sepolture con deposizioni plurime in posizione rannicchiata, caratterizzate da materiale ceramico e oggetti litici peculiari dell'epoca nonché numerosi reperti in selce e in pietra, raccolti in gran quantità nell'area. La vita sarebbe continuata anche nell'età del bronzo e del ferro, epoca in cui la zona sarebbe stata assoggettata dai Messapi, per passare poi, in seguito alla fondazione di Taranto da parte degli Spartani, sotto l'egemonia culturale e politica di questa città, finché non fu conquistata dai Romani avvenuta intorno al 564 d.C. L'antica città, secondo lo Studioso, sarebbe stata costituita da un'acropoli, dove era visibile il basamento di un grande tempio con battuto pavimentale in cotto, dedicato a Vesta o Prìapo, intorno alla quale vi era un'imponente cinta muraria, formata da una cortina interna di pietre informi e una esterna, sita a m 7,50, di blocchi isodomici squadrati. A sud ovest dell'acropoli si estendeva la città, priva di una cinta difensiva e della quale sarebbero rimaste a testimonianza numerose fondamenta di edifici e tante tombe sparse tutto intorno. A sua volta Francesco Ribezzo, che aveva visitato la zona nel 1942 insieme al Soprintendente Ciro Drago, confermava la continuità di vita nel sito dall'età neolitica all'età imperiale romana, attestandone altresì la trasformazione da stazione dell'età del ferro in città messapica e affermando che se la città avesse avuto una cinta muraria, essa non avrebbe potuto coprire un diametro superiore ai duemilacinquecento metri. Irrisoluta restava l'antica Rudiae, patria del poeta Q. Ennio, identificazione caldamente sostenuta dal Cafforio e osteggiata, altrettanto vivacemente dal Ribezzo. La Soprintendenza Archeologica della Puglia ha effettuato nell’area una prima campagna di scavo nei mesi di settembre e ottobre 1989. L’indagine ha confermato l’esistenza di un abitato di IV-III sec. a.C., consentendo l’individuazione di un setto murario orientato nord-sud. Un successivo intervento è stato condotto nei mesi di settembre-dicembre 1990, che ha messo in luce, danneggiandole, quattro tombe a fosse rivestite di lastroni e una tomba terragna. Questa seconda campagna di scavo ha permesso di acquisire i primi dati scientifici relativi al sito, ma ha soprattutto riproposto il problema della definizione e delle oscillazioni dei limiti della chora tarantina verso la Messapia.
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